Un’avventura senza fiato
Ecco la testimonianza di Aldo, Fulvio e Claudio Festa. Tre fratelli che, nello stesso tempo, hanno scoperto la chiamata a seguire più da vicino il Signore sui passi di san Francesco.
Parlare di se stessi è sempre molto difficile, se poi questo va diviso in tre la difficoltà si triplica:
– Chi dei tre scrive?…
– Il contenuto di chi scrive, piacerà agli altri due?…
– Ciò che è scritto, servirà a qualcosa?…
Troppe domande, e si rischia di preparare il terreno ideale alla “dolce tentazione” del non fare mai niente!… Tralascio, quindi, dubbi e perplessità e mi “immergo” risolutamente in questo scritto-testimonianza nella santa speranza di glorificare Dio anche così!
Subito mi nasce impellente una domanda: “da dove comincio?”. Credendo di essere originale, mi dico: “comincio dalla fine”… e mi compiaccio della trovata, ma un attimo dopo mi chiedo in che modo potrò arrivare al principio della storia se comincio dalla fine?… Boh, ci provo!
Se si guarda a ritroso la propria storia che, nel mio caso, è strettamente legata a quella dei miei due fratelli, – Claudio e Fulvio – si ha quasi sempre l’impressione che la vita appaia in una sua “logica illogicità”… che scorra, cioè, così come deve scorrere malgrado te, malgrado gli altri, malgrado le cose,… quasi che il soggetto sia vittima passiva di un gioco sottile e impenetrabile, sfuggevole a ogni logica comprensione a vantaggio di un Dio inesistente che per di più si chiama “caso”.
Ma se questa panoramica a ritroso della propria vita non si svuota di questo Dio inesistente, la sintesi migliore che se ne potrebbe trarre è che ogni uomo sia irresponsabile e incolpevole di fronte a se stesso, agli altri e al mondo… come se fosse privo di ogni volontà! Ed è “la sintesi peggiore”!
Chi, al contrario, ha la grazia di fare continuamente esperienza di Dio, quello vero, non può certamente cadere in questo grossolano errore di valutazione ed è chiaro che, inevitabilmente, sia portato a contrastare il credo dei non-credenti e di quelli che del “caso” ne fanno il proprio dio… Non è a caso, infatti, che Claudio e Fulvio siano diventati sacerdoti… come non è a caso che io, oggi, mi trovi alla Porziuncola a svolgere il servizio di accoglienza dei pellegrini in Basilica…
voglio dire, insomma, che è il Dio dell’alleanza che da sempre manovra i fili della storia e il caso non c’entra proprio per niente…
Forse, su questo punto, i discendenti di Darwin si agiteranno un po’ e già ne avverto lo sguardo sbieco… ma poco importa!
Dopo venti anni l’abito francescano continua a “vestirci di marrone” e credo di non esagerare se affermo che forse mai abbiamo avvertito un senso di disagio o di stanchezza nell’indossarlo, a riprova del fatto che forse il Signore non si sia affatto sbagliato a chiamarci a questa vita… “di consacrazione”, s’intende. La fatica, semmai, sta nell’essere coerenti sempre con quello che tale chiamata comporta… ma questo è un altro discorso.
Essendomi, comunque, imposto di partire dalla fine, ritorno, chiaramente, al giorno della ordinazione diaconale dei miei due fratelli, la cui celebrazione si è svolta nella nostra parrocchia di origine, a Milano.
Potrei intitolare quel giorno “la festa dei Festa”; …c’erano tutti… anche quelli che non avrei mai pensato che ci fossero e mentre li guardavo pensavo che Dio non smette mai di stupire…ed ero contento… ed ero felice!
Coglievo dallo sguardo di tutti, però, una domanda in sé lecita che però nessuno osava fare ma la cui formulazione mi era ben chiara e precisa e a caratteri ben grandi come si addice alla mia poca vista: “Perchè loro due si e tu no?”. Una domanda scortese? No, non credo proprio… giusta, direi… e l’avrei accolta serenamente e benevolmente con qualche risposta da dare senza però tralasciare la migliore: “Dio ha pensato per me ciò che per me è il meglio… restare frate laico” e anche di questo sono contento.
Al canto litanico dei santi, nel momento della prostrazione, faceva seguito nella mia mente un altro canto anch’esso litanico, quello dei ricordi… sempre uguali, sempre quelli, ma sempre veri! Guardavo loro due prostrati e stentavo a credere che fossero gli stessi miei fratelli coi quali avevo, in un certo senso, convissuto la stessa storia. Come in un film, quei ricordi mi passavano velocemente nella mente simili a fotogrammi irripetibili ora velati, ora chiari, ora vivi.
È incredibile come spesso il passato si faccia presente in modo sorprendente e mirabile e così palpabile da avere quasi la sensazione che ciò che è stato continua ad essere e ad esistere ancora oggi! Intendo dire, cioè, con la stessa energia ed emozione coi quali quei fatti furono vissuti e non solo, ma anche con la stessa ansia e la stessa angoscia, la stessa gioia e la stessa speranza, gli stessi odori e gli stessi profumi! Senza rimpianti, ovviamente, perché il presente sempre si avvale del passato per ricavarne il frutto migliore: l’esperienza!
Questa è la forza della memoria quando sa farsi discepola della Verità e il risultato che ne consegue non può essere che uno solo: diventare adulti.
Ora la stola diaconale sigilla la nuova dignità dei miei due fratelli all’interno della chiesa dove anch’io, diacono senza stola, ma uguale nel servizio, mi avvio a continuare con essi una storia mai finita, ancora in tre, insieme, ma in modo nuovo, diverso e con tante altre cose ancora da dire. Ma ritornando al “già detto e fatto” vedo come il film dei ricordi, presenti tre ragazzi ancora giovani e inesperti immersi nel duro mondo del lavoro milanese fra fabbriche e fumi industriali.
Un’infanzia spesso difficile segnata dal cambiamento di cultura e di ambientazione che sempre sta fra il nord e il sud. Dall’ombra del Vesuvio alla “montagnetta di San Siro” il passagio è radicale, forte e si fa sentire a tutti i livelli e in tutti gli ambiti sociali: scuola, mentalità, lavoro, cultura, economia ….
Si aggiunga a questo, poi, la fatica di tutti i giorni dove le cose da fare erano davvero molte ma la più urgente rientrava nei canoni tipici delle famiglie numerose del sud (undici persone la nostra): “salvare la disastrosa situazione economica familiare…e non era cosa da poco!
E la fede?… La religione?… La Chiesa?… Dov’era tutto questo?
Roba dell’altro mondo, nel senso che veramente sembrava appartenere a un altro mondo e non in quello reale… qui, neanche a parlarne… Ci sembrava “roba” per chi non avesse grossi problemi da risolvere per chi, insomma, poteva, in qualche modo, permetterselo. Non c’era tempo per questo! Nessuno ci aveva mai insegnato o detto o forse si, non ne sono sicuro, o non l’avevamo mai capito, che Dio e soprattutto Dio fa parte della nostra stessa sopravvivenza. Lo scoprimmo tardi, molto tardi, ma non tardi abbastanza per non poterlo amare.
Lo scoprimmo ad età ormai adulta, io a trentacinque anni e loro due, anno più anno meno, siamo lì… Lo scoprimmo dopo aver fatto e vissuto esperienze molto dure e sofferte e sulle quali non mi soffermo per ragioni diverse…. soprattutto perché ciò richiederebbe tempo e “spazio”! Più volte, però, ne abbiamo parlato e lo abbiamo testimoniato e già molti conoscono la nostra storia.
Poi le cose, man mano, si aggiustarono… tutte… una ad una… soprattutto economicamente e quando sembrava che potessimo finalmente crogiolarci ai raggi di un sole conquistato ecco che, improvvisamente Lui, il Signore della storia, veniva a sconvolgere di nuovo tutte le cose… Come?… In che modo?… Un’esperienza con Dio è sempre un’esperienza personalissima e perciò difficilissima da raccontare e quindi non la racconto! Mi dispiace per i più curiosi…
Posso solo dire, senza fare della retorica o entrare nel sentimentalismo, che quell’esperienza fu davvero un incontro d’amore e ne ricordo il giorno, la data, l’ora. Non si può dimenticare un incontro da cui doveva germogliare un fiore inatteso: la pace, la pace del cuore…
Così fu e così è… ancora!
Se all’amore si risponde con l’amore era inevitabile che, prima o poi, dovesse avvenire un altro incontro…e avvenne; quello con san Francesco d’Assisi… e da allora, il saio francescano doveva coprire una moltitudine di peccati… e ancora li copre… ahimè!
Poi il seguito; il probandato, il noviziato, gli studi teologici, la professione solenne, il diaconato… tutto come una scommessa… ma tutto per grazia di Dio! Un’avventura senza fiato, ma con tanta pace nel cuore e tanta serenità. Concludo questo breve ricordo, molto sintetizzato, della nostra storia guardando, stupito, l’intrigo di rampicanti e rovi che ci siamo lasciati alle spalle e, sempre stupito, contemplo ora la ridente radura che ci è davanti!
E la fede, vissuta nella Chiesa, che un tempo consideravo “roba dell’altro mondo”, ora è qui, nell’ampio spazio che mi circonda. E sono contento così.