“L’anima mia magnifica il Signore”

Ho messo piede nelle terre di San Francesco per la prima volta nella mia vita nell’estate del 2015, attratta da una bellezza che non sapevo di cercare finché non l’ho vista con i miei occhi.
Sono cresciuta in una famiglia non credente; lo scoutismo mi ha portata nel corso degli anni a contatto con la Chiesa cattolica e l’ascolto del Vangelo… che per me non erano altro che parole vuote, insignificanti, una favoletta senza senso. Non c’era spazio nella mia vita per colui che gli altri chiamavano Gesù Cristo, e tra me e me compativo chi aveva bisogno di credere in un Dio che ai miei occhi non era altro che un’invenzione, una stampella, una falsità, un’ipocrita scusa.
Passava la mia adolescenza e di anno in anno diventavo sempre più triste; mi guardavo allo specchio e vedevo una ragazza storta, scontenta, sola, ferita e fuori posto, con nel cuore una voragine d’amore che non sapevo colmare. Vedere la mia famiglia sfasciarsi tra conflitti e problemi mi riempiva di dolore e cinismo; combattevo con il mio carattere introverso che mi ingabbiava; facevo progetti ambiziosi sognando la fuga da una vita sempre più insapore e inconcludente. Chiusa a riccio in me stessa, pian piano scivolai in una depressione paralizzante. Mai come in quei mesi sentivo montare in me un rifiuto rabbioso verso colui che gli altri chiamavano Dio e verso chi ci credeva. Siamo soli nell’universo, volevo gridare, non c’è nessuno che ci salva dalla morte, volete capirlo?!
Il momento in cui toccai il fondo fu proprio la settimana santa del 2015. Erano gli inizi di aprile e mai come prima volevo che la mia vita finisse e basta.
Ho ripensato intensamente a quei giorni quando mesi dopo, al corso Zero un frate francescano mi ha annunciato: “è nel dolore che Gesù Cristo ti vuole incontrare. Quando stai male, hai toccato il fondo, sei nello schifo e nel dolore più grande della tua vita e ti chiedi dov’è Dio… LUI E’ GIA’ LI’!
In quel periodo incontrai un giovane capo scout che mi parlò con occhi luminosi del suo incontro con Dio e del suo cammino di fede con i francescani di Assisi. Ascoltavo recalcitrante, dubbiosa, incredula… ma fu ascoltando le sue parole che pensai: Io non conosco il Dio di cui mi stai parlando. Ma quella luce che hai negli occhi quando ne parli, LA VOGLIO ANCHE IO.
Questo desiderio mi ha salvata. Ricordati che il desiderio salva vite

Che tu ci creda o no, hai un Padre che in ogni momento desidera ardentemente la tua felicità! Nell’istante in cui ti dici: “Io voglio essere felice”, ti stai spalancando alla salvezza, ti stai spalancando al suo abbraccio. E il Signore ha bussato alla mia porta con la delicatezza immensa di un innamorato che corteggia la sua Amata.

La svolta fu una settimana di servizio al campo estivo scout con 20 bambini scatenati, pestiferi e pieni di gioia che riempirono il mio cuore d’amore immenso. Servirli nella fatica, nella gioia, nel dono totale di me stessa fu una catarsi. Mi mostrò che “queste sono dunque le tre cose che rimangono: la fede, la speranza e la carità; ma di tutte la più grande è la carità!” (1Cor 13)
Quella di fine campo fu la prima Messa della mia vita che ascoltai con la certezza che Dio era lì e stava parlando proprio con me: era ora di alzarmi dalla morte, Lui mi avrebbe dato la forza di mettermi in cammino (1Re 19, 4-8). Così il 15 agosto arrivai per la prima volta ad Assisi per partecipare a un corso di 5 giorni dalle suore francescane.
Quei giorni di ascolto furono tenerezza immensa per la mia anima. Mi sentivo come se il mio cuore indurito avesse ripreso a battere riempendomi di calore. Mi sentii viva, di una vita che tutti i miei piani e pensieri ambiziosi non mi avevano mai fatto assaporare. Per la prima volta una suora mi annunciò che IO VALGO IL SANGUE DI CRISTO. Per la prima volta mi sentii amata da un Amore perfetto che veniva a cercarmi dove io non avevo lasciato mai entrare nessuno.
Tornata a casa chiesi al mio parroco di poter ricevere il Battesimo. Non potevo aspettare, non desideravo altro, non potevo volgermi indietro. C’era un Padre che mi aspettava trepidante.
Il 3 aprile 2016 sono stata battezzata in Cristo con il nome di Jolanda Chiara e quanto vorrei che le mie parole esprimessero anche solo un po’ della gioia che ho ricevuto quel giorno. A un anno di distanza dal buio più fitto della mia vita, la Settimana Santa diventò per me tempo di vera risurrezione. Avevo 18 anni e quel giorno sono rinata per non morire mai più.
Oggi continuo il mio cammino nella terra del Poverello di Assisi che mi ha fatto innamorare del Signore. Il conflitto della mia famiglia è sfociato nella separazione dei miei genitori. Incontro difficoltà, dolori, fatiche; continuo a sbattere la testa sulla mia debolezza, sul mio peccato. Ma io non sono perfetta. Io sono tanto amata. E sono nella gioia.
Gesù Cristo non è un’idea, una chiacchiera, una morale: è una persona vivissima e io continuo a incontrarlo. Ogni volta che ricevo l’Eucaristia, ogni volta che Gli consegno la miseria dei miei peccati, ogni volta che mi sporco le mani per amare un fratello, per amare la mia famiglia, per amare il mio passato, presente e futuro… e ogni volta che sono nel dolore.
Guardo Cristo che per Amor mio, per Amor tuo si è lasciato mettere in croce – ma tu hai capito cosa significa crocifiggere una persona? Ci pensi a tutto quel sangue, alla pelle straziata, ai chiodi che trafiggono la carne viva? Io non voglio più vivere per meno di questo Amore.
Scrivo la mia storia con una gioia nel cuore che trabocca, una gioia che non mi appartiene, una gioia che è dono per antonomasia e come io l’ho ricevuta, così voglio condividerla perché non posso contenerla. Scrivo la mia storia mentre inizia la Settimana Santa, la settimana più bella dell’anno, la settimana che da due anni a questa parte il Signore sceglie per incontrarmi.
La presenza viva di un Dio che vince la morte ha guarito la mia storia, le mie relazioni passando attraverso le mie ferite quando lo credevo impossibile. Da quando sono figlia amata ho imparato ad amare di nuovo. Sono tornata a sperimentare il perdono, la tenerezza, la gioia, il dono della relazione.
Dio è venuto a fare la Pasqua nella mia vita.

Jolanda

“Nella vita non conta fare qualcosa, ma nascere, amare e lasciarsi amare”

So ormai a memoria questa frase di Chiara Corbella, l’avrò pubblicata una decina di volte su facebook, ma mi serviva la marcia francescana per capire che nella vita per vivere, e vivere da Dio, devo lasciarmi amare. Sono partita per questa marcia entusiasta, ma anche molto sicura: avevo preparato lo zaino col peso giusto, avevo comprato i vestiti tecnici giusti, da sportiva ero allenata e pronta ad affrontare i km di strada. Ero “giusta” insomma e mi sentivo tale, proprio come Simone il fariseo che invita Gesù a casa sua, vuole accoglierLo, ma secondo i suoi schemi, come se la relazione con Lui fosse dettata da regole da seguire, come se bisognasse essere giusti per stargli affianco.

Dio sapeva che ero lontana dal Suo amore libero e liberante, che Lo stavo incasellando nei miei schemi, e proprio questo di me Lo attirava, proprio per questo mi ha voluta alla marcia. Lì gli schemi reggono davvero poco, camminando ci si spoglia di tutte le sovrastrutture e si è costretti a guardarsi per quello che si è. Anche io ho dovuto farlo, il terzo giorno non potevo più fingere con me stessa o con gli altri: ero debole.

Il mio ginocchio aveva iniziato a farmi male dal giorno prima, ma quel terzo giorno sembrava non darmi tregua. Ho aspettato circa 10 km prima di accettare un aiuto, credevo che la forza consistesse nel farcela da soli, ma mi sbagliavo, così mi sono lasciata andare alle cure di chi avevo affianco. Da quel momento non solo i miei passi sono diventati più leggeri, ma anche il mio cuore. Il Signore aveva bisogno di passare dal mio fisico per parlarmi in modo chiaro: sono debole e da sola non posso andare da nessuna parte, da sola non posso salvarmi.

Ora so che era proprio lì che voleva che mi convertissi, perché solo una persona che si riconosce peccatrice può prostrarsi ai Suoi piedi bagnandoglieli con le lacrime, solo una persona che si riconosce limitata può essere umile ed accettare di dire sì ai Suoi piani, senza chiedere nulla, come Maria, consapevole che nulla è impossibile a Dio. Più ho accettato l’aiuto degli altri, più accettavo quello di Dio e la mia gioia cresceva, il mio canto era veramente libero, i miei occhi erano veramente lucenti. Ho iniziato ad affidare ogni passo ed ogni fatica col cuore in festa, perché stavo camminando verso un tenero Padre che mi ama proprio per quella che sono. Dopo la confessione mi sono sentita trovata ed amata nella radice del mio male e finalmente ho scoperto che agli occhi di Cristo sono bella proprio perché sono una perla: nasco da ferite, che solo nelle Sue mani possono diventare feritoie. Quelle mani mi stavano aspettando in Porziuncola, pronte ad abbracciarmi, a tirarmi fuori dai miei sepolcri, a scommettere su di me e sulla mia vita. Più la meta si avvicinava più capivo che potevo essere dono per quella che ero, a Dio piaccio così, mi ha creata Lui, non serve essere giusti di fronte al Suo amore, solo disponibili ad accoglierlo e a lasciarsi plasmare.

Marciavo debole, ma finalmente consapevole di essere una Figlia Amata. Sono arrivata in Porziuncola bisognosa del Suo amore, bisognosa dell’aiuto degli altri: felice di non potercela fare da sola. Siamo arrivati in Porziuncola solo perché siamo Chiesa: zoppicante, imperfetta, peccatrice, ma in ricerca del Suo volto, in cammino, pronti a sostenerci e a farci forza a vicenda. La meta non ha gusto se la raggiungi da solo…

Affinché in Paradiso sia veramente festa bisogna arrivarci tutti, non può mancare nessuno!

Marta