“…Grandi cose ha fatto in me l’Onnipotente e Santo è il suo nome…”

Mai avrei immaginato tanto stupore pensando a quanto mi serbasse il futuro!

Ormai da troppo tempo la vita mi scivolava lentamente tra le dita giorno dopo giorno e io la lasciavo andare … Cinque anni prima per istinto di sopravvivenza, appena ne avevo avuta l’occasione, ero uscita di casa. Gli ultimi anni della mia vita in famiglia erano stati un incubo: nella memoria bruciavano ancora vividi i ricordi di violenze familiari, verbali e non e, come se non bastasse, negli ultimi anni di liceo, avanzava prepotente l’ipotesi di un possibile disturbo psichiatrico di mio padre. Ero iscritta all’università, lavoricchiavo con lo scopo di mantenermi e nel frattempo i miei genitori si stavano separando. Da anni cercavo di intorpidirmi la mente in svariati modi: avevo consapevolmente scelto la morte e ogni giorno ne prendevo sempre di più coscienza, ma ero troppo stanca, vuota e disillusa per riuscire a venirne fuori e mi ritrovavo immobile e sola a guardare scorrere il film in bianco e nero della mia vita.

Era fine ottobre e io ero in cerca dell’ennesimo posto di lavoro … Dio mi ha catapultata “d’inganno” in una missione giovani universitari: io, non credente e ferma sulle mie idee, in mezzo a frati, suore e ragazzi (categoria che fino ad allora era sempre stata oggetto di derisione da parte mia); insomma, ero in un film horror! … mai avrei pensato che potessero bastare solo dieci giorni per segnare una svolta decisiva nella mia vita!

Ricordo la sensazione del primo giorno con loro a tavola: sorridevano tutti, allegri e felici, tranne me.

Furono cinque giorni in cui il Signore mi stava facendo assaporare un po’ del Suo amore e la loro gioia rischiava di diventare una “roba” contagiosa! Nei seguenti cinque ebbi la certezza che quello che stavo vivendo era qualcosa di straordinario. Il mio cuore aveva ripreso a palpitare ed era stato riscaldato, come se avesse iniziato a dischiudersi con un calore che non avevo mai sentito.

In quei giorni uno dei padri che accompagnava la missione mi aveva lanciato la proposta del Capodanno in Assisi. Scesi il 31 Dicembre per rientrare il giorno dopo e durante il viaggio pensavo: “Ma che sto facendo? Se sono scesa fino a questo livello, sto proprio messa male!” . In piazza, prima di entrare in Basilica, in mezzo a tanta gente, incontravo una delle suore che avevo conosciuto in missione, che invitava la ragazza che stava con me, ad un corso dal 2 al 6 gennaio. Mi ci fermai io: il Signore mi aveva dato appuntamento lì per iniziare a guarirmi e il giorno dell’Epifania mi annunciava che Gesù era morto e risorto per salvare proprio me! Prendevo consapevolezza di avere un Padre che mi aveva attesa e cercata tanto: mi tendeva la mano e io mi ci aggrappavo con tutte quelle poche forze che mi rimanevano!

Da subito mi aveva posto accanto dei fratelli a guidarmi e ad accompagnarmi e sostenermi durante il cammino, perché sapeva che la strada era lunga e in salita ed io ero troppo debole per farcela da sola! Mi ha messo subito a servizio e mi ha fatto camminare sulle mie gambe azzoppate: ero claudicante, ma Lui mi sosteneva e mi faceva sentire figlia amata.

Ad un anno circa dalla missione quando, dopo la marcia francescana, capivo che la mia era una storia benedetta dalla misericordia del Padre, arrivava una notizia che mi fece tremare le ginocchia: un tumore in metastasi stava logorando lentamente mio padre, col quale avevo tagliato ogni contatto da molto tempo. Le problematiche che affliggevano i rapporti della mia famiglia mi prospettavano giorni difficili e dentro di me sentivo che il Signore aveva scelto la malattia per riscoprirci padre e figlia, chiudere col passato e scrivere un nuovo capitolo. Appena il lavoro me lo consentiva tornavo a casa e lo seguivo nell’excursus della terapia e, tra radio ed esami vari, scoprivo il significato della parola perdono (che già avevo sperimentato per prima sulla mia pelle) e “sia fatta la tua volontà”. Comprendevo che non era necessaria la grazia di una guarigione fisica, perché quell’esperienza già ci stava sanando e guarendo: Egli sa quando, se, cosa e come operare e non lascia mai nulla incompiuto.

Probabilmente non era ancora sufficiente per la mia testa dura. Infatti nel frattempo da mesi m’ intrattenevo in una relazione difficoltosa con una persona altrettanto difficoltosa. Di ritorno dalla marcia mi ritrovavo col cuore dilatato e m’imbattevo in una “strana forma d’amore”; in lui riconoscevo un mix di caratteristiche che da un lato mi attraevano e dall’altro mi consumavano. Dopo otto mesi aveva toccato il fondo e, in seguito a quel momento, capivo che ad attrarmi tanto erano state le sue povertà (forse insieme alle mie) e che quella relazione mi teneva legata e rendeva il mio cuore sempre più diviso. Imparavo grazie ad un “errore” la differenza tra l’amore che credi sia tale e invece quello che è vero ed autentico: è gratuito e profuma di libertà riempiendoti l’anima!

Era il tempo di Quaresima ed io avevo appena terminato il mio ultimo incarico lavorativo presso un importante multinazionale di abbigliamento: lavoro che non solo aveva assorbito gran parte del mio tempo e delle mie energie, ma che mi aveva portato anche a riflettere su chi ero e sull’importanza che stavo dando alla mia vita. Iniziavo a realizzare che non mi potevo accontentare di questo poco e contemporaneamente il mio cuore mi diceva nel profondo che quello era un tempo favorevole per affidarmi alla provvidenza. Abbandonavo così le redini delle mie certezze e Gli cedevo il timone della mia vita e, anche se non sapevo dove sarei approdata, avevo la certezza che sarebbe stato un porto speciale. Attendevo ed un’altra parola di quei giorni mi risuonava dentro come un eco: “Mi condusse poi verso l’ingresso del tempio e vidi che sotto la soglia del tempio usciva acqua verso Oriente… E vidi che l’acqua scaturiva dal lato destro… Era un fiume che non potevo attraversare, perché le acque erano cresciute, erano acque navigabili, un fiume da non potersi navigare a guado… (Ez 47, 1-12)”.

Una settimana prima di Pasqua scoprivo così quanto è “pericoloso” il Signore e quanto bisogna stare attenti a quanto Gli si chiede, perché questa volta mi aveva proprio preso in parola!

Un giorno, finita la messa, mi sento chiamare dal frate assistente della mia fraternità che, sapendo che al momento non stavo lavorando, mi proponeva un servizio per il convento.

Spiegandomi che era stato contattato per una richiesta di accoglienza, per il periodo da Aprile a Giugno, per sei uomini africani rifugiati, e che si era già confrontato con il resto della fraternità al riguardo, era in attesa del loro benestare. Si richiedeva perciò una persona che si occupasse di loro nei mesi a venire. Dalle mie labbra uscì subito un sì, quasi senza riflettere, e pensai subito che era arrivato il momento per me di restituire l’amore gratuito che avevo ricevuto.

Trascorsi la notte in attesa e pensai che forse era così che si era sentita Maria, quando aveva ricevuto l’annuncio e continuavo a ripetermi: “Rallegrati, o piena di grazia, e non temere perché hai trovato grazia presso Dio.” (Lc 1,28-30). Allora lei rispose: “Eccomi, sono la Serva del Signore, avvenga di me quello che hai detto.” (Lc 1, 38). E non: “Aspetta un momentino che qui mi stai sconvolgendo tutti i piani e io avevo programmato altro…”.

Cresceva in me la trepidazione per il nuovo giorno ed una buona notizia: due giorni dopo l’”annuncio” mi veniva confermato che il gruppo sarebbe arrivato il 12 Aprile.

Pioveva e li ho incontrati sulla soglia delle loro camere nel corridoio del convento destinato all’accoglienza al povero. Ricordo le loro facce, diverse fra loro per fisionomia, ma l’espressione inconfondibile era la stessa ed era l’insieme di stanchezza, paura e diffidenza.

Una certezza fu immediata: mi era stato affidato un dono fragile, che si chiama Animo Umano; un dono da coltivare, amandolo e custodendolo. Trascorrevano i giorni e pian piano iniziavamo a sentirci tutti parte della stessa famiglia.

Nel frattempo il corridoio ha accolto altri due uomini. Ad oggi ne accoglie un totale di nove e me, che cerco di destreggiarmi in questo splendido viaggio, pieno di traffico, di isole pedonali , di sosta e di marciapiedi da percorrere per mano da ormai nove mesi.

Sì, questo corridoio accoglie anche me: all’apparenza non mi manca nulla, ma è grazie a questi “piccoli” che non piacciono a questa società ghiotta di benessere, che mi riscopro sempre più bisognosa.

Tante volte cammino per la strada e mi domando perché la società rifiuti con tanta indifferenza i poveri, lasciandoli ai margini e alle periferie non solo delle strade, ma anche dei cuori. Una risposta l’ho trovata e potrebbe riassumerle tutte:” Perché loro fanno venire fuori tutte le nostre miserie, le sozzure e tutte le povertà che ci abitano. A loro Dio affida la capacità di far riaffiorare in noi la difficoltà di comprendere profondamente (e conseguentemente di applicare) la meravigliosa “voce del verbo amare”.

Non so perché il Signore abbia affidato a me questi pochi, ma preziosissimi talenti, ciò che so però è che è dato a me farli “girare” per farli fruttificare. Oggi come ieri, un balsamo per il cuore continua a rinnovarmi: “Ecco, io vi dico: Levate i vostri occhi e guardate i campi che già biondeggiano per la mietitura. E chi miete riceve salario e buon frutto per la vita eterna, perché ne goda insieme chi semina e chi miete … (Gv 4, 35-36)”. E nel mentre, mi lascio forgiare l’animo affinché l’acqua che sgorga dall’interno del tempio, dopo averlo colmato, fuoriesca dalle sue mura dando vita alle terre aride circostanti, inondandole come un fiume in piena.

Marina

Non più di cinque anni fa mi sentivo l’atea di famiglia anche se nella mia vita sono cresciuta frequentando la parrocchia. Sono sempre stata una ragazza per bene che tutte le domeniche andava a messa e che è passata da essere una bambina che andava tutti i sabati pomeriggi all’ACR ad essere una ragazza animatrice ACR e costantemente presente al gruppo dei giovani della parrocchia. Riguardando indietro, però, mi accorgo che forse ero quasi atea, mi mancava proprio l’essenza dell’essere cristiana, del credere nell’Amore del Signore.
Fin da piccola mi è sempre piaciuto fare sport, ho sempre partecipato a competizioni, prima con la ginnastica ritmica e poi con l’atletica: quasi tutte le mie forze sono sempre state focalizzate su questo fino a quando non ho scoperto di avere un problema alla schiena che mi impedisce di fare attività livelli competitivi. Questa scoperta mi ha fatto crollare il mondo addosso, non mi sembrava giusto e non mi sembrava possibile che non si potesse fare nulla per eliminarlo. Così se non potevo più puntare tutte le mie forze nello sport ho deciso di farlo nello studio all’università. Questa decisione piano piano mi ha portato a rinunciare a tutte le altre cose che facevo: dall’ACR al mantenere sempre vivi i rapporti con gli amici di sempre. Non ero felice, sentivo che mi mancava qualcosa o forse, oggi mi viene da pensare, mi mancava Qualcuno.
Finalmente nell’Aprile 2012 è arrivato il primo tassello del mosaico della mia vita veramente luminoso. Grazie a mia sorella ho potuto partecipare ad un’esperienza di primo annuncio per giovani organizzati dalla mia diocesi. Mi ricordo ancora le parole di mia sorella quando sono partita: “Vai con un sacco pieno per dare e uno vuoto per ricevere”, sicuramente i primi semi per la mia vita sono stati raccolti in quel sacco. C’è voluto un po’ di tempo però perché potessero crescere, infatti dopo quell’esperienza ho continuato a viver come prima, solo che con qualche domanda e desiderio in più. Queste domande mi hanno portato dopo un anno ad Assisi, dove mi sono lasciata raggiungere veramente dal Signore per la prima volta, abbassando ogni tipo di difesa. Le Sue parole per me sono state bellissime: “Conosco la tua miseria, le tue lotte e le tribolazioni della tua anima, le deficienze e le infermità del tuo corpo; so la tua viltà, i tuoi peccati, e ti dico lo stesso: dammi il tuo cuore amami come sei. Voglio l’amore del tuo povero cuore: se aspetti di essere perfetto non mi amerai mai. Figlio mio, lascia che ti ami, voglio il tuo cuore. Certo voglio col tempo trasformarti, ma per ora ti amo così come sei…e desidero che tu faccia lo stesso. Ricordati…amami come sei…” Da quel giorno mi sono sentita figlia veramente amata, così come ero, con la mia schiena, con i miei difetti e con le mie paure; da quel giorno è nato il desiderio di conoscere di più quel Padre che così mi ha amato e mi ama immensamente. Incredibilmente, a quel mio piccolo sì, giorno dopo giorno i tasselli luminosi del mosaico si sono moltiplicati: ho rivisto le priorità della vita togliendo dal primo posto l’università e mettendo nel centro i rapporti e tutto ciò che aiutava a rendere più morbido il mio cuore.
Continuando a scendere ad Assisi ho scoperto di avere un sacco di amici, di fratelli con cui condividere la strada verso il Vero Amore, fratelli con cui condividere le fatiche e le gioie di quel cammino di trasformazione del cuore. Così tassello dopo tassello il Signore mi ha colmato di quell’Amore e di quella gioia che non si può tenere per se e come Lui dice: “né si accende una lampada per metterla sotto il moggio, ma su un candelabro e così fa luce a tutti quelli che sono nella casa” (Mt 5,15), la Luce non si può spegnere ma bisogna portarla agli altri! Sicuramente uno dei doni più grandi che mi ha fatto in questi ultimi mesi è stato proprio l’opportunità di portare questa Luce, testimoniata con la mia vita, a molti ragazzi durante la Missione Giovani con frati e suore di Assisi e giovani provenienti da tutta Italia. Ma la cosa più bella che ho scoperto è che questa Luce non solo puoi portarla se incontri fisicamente una persona, ma puoi donargliela anche se questa persona si trova dall’altra parte del mondo: la strada, il ponte che permette a questa Luce di viaggiare da una persona ad un’altra è la preghiera!
E’ così che oggi cerco di camminare: sapendo di non essere mai sola ma accompagnata da un Padre che mi ama così come sono, sapendo di avere tanti fratelli che mi sostengono e sapendo che la Luce e a gioia che mi porto dentro non posso tenermela per me ma va regalata a tutti, anche a quelli lontani mille miglia.

Irene

Dopo le numerose richieste, giunte negli anni passati da parte di frati di altre Province o di altri Ordini e Istituti religiosi, e ancora di diversi sacerdoti diocesani, si è pensato di strutturare un Master in Pastorale Vocazionale, rivolto a sacerdoti e religiosi/e che svolgono il ministero del discernimento e dell’accompagnamento vocazionale.

Il Corso si terrà a Santa Maria degli Angeli, presso la Porziuncola, luogo della vocazione chiara e definitiva di Francesco e Chiara di Assisi, e si articolerà in tre settimane. qui tutte le info

Dall’11 al 13 Febbraio prossimo faremo 3 serate di catechesi al CVA di Ramazzano.

Queste serate saranno precedute da 2 fine settimana di evangelizzazione in alcuni locali della 4°zona di Perugia. Annunceremo ai giovani l’Amore di un Dio che ci cerca, che vuole guarire le nostre ferite e riempirci della gioia di chi si scopre amato e perdonato!

Tutte le info le trovate nel volantino qui sotto:

Base volantino interno definitivo

Venite o accompagnateci con la preghiera!

 

Racconta la sua vocazione a la vita religiosa e la clausura

Non c’è gioia più grande che essere perdonati

30 anni fa dava ancora scandalo avere i genitori separati e da quando avevo 8 anni nulla è stato semplice. Da figlia unica mi sentivo veramente sola, trasferita in diverse città non trovavo una mia stabilità ed i miei, l’uno da una parte, l’uno dall’altra: non trovavano pace. Della Cresima ricordo il disagio dei parenti e dei Natali ricordo il disagio di dover scegliere se stare con mamma o con papà. Crescendo cresceva anche in me la voglia di avere una famiglia tutta mia, immaginando quel ragazzo che mi avrebbe salvata da tante sofferenze dandomi la famiglia che non avevo mai avuto.

Di ragazzi ne ho conosciuti diversi ma ognuno ha aggiunto ferite su ferite da farmi venire una rabbia tale da arrivare ad inventarmi il meccanismo perfetto per non innamorarsi più. Giravo per le discoteche senza fermarmi mai, trascinando con me altre ragazze che, come me, apparentemente si divertivano. Avevamo invece solo smesso di sperare di essere amate.

Nei momenti di solitudine il mio cuore urlava al cielo ed in pianti disperati mi rivolgevo a quel Dio che sentivo così lontano. Ma un giorno a 36 anni potei dire come il salmista: ho sperato, ho sperato nel Signore, su di me si è chinato, ha dato ascolto al mio grido…

Era il giorno dell’ ascensione (5 giugno 2010) e il Vangelo diceva: andate e siate discepoli di quello che vi ho insegnato. Non ricordo neanche per quale strano motivo ero a messa quella mattina ma dopo la benedizione sono svenuta a terra, ero davanti alla Porziuncola di Santa Maria degli Angeli. Ebbi un risveglio “celestiale” e nulla è stato più come prima. Iniziai ad essere attirata dalla lettura del Vangelo, io che non sapevo neanche cosa fosse l’Annunciazione. Non uscivo più, mi ritiravo in posti di pace a leggere di Gesù e conoscendo sempre di più la sua vita, imparavo a conoscere me. Il ragazzo perfetto era arrivato ed io come tutti gli innamorati non parlavo di altro. Non ero più quella di prima e nel timore di non essere capita avevo abbandonato tutte quelle amiche che Dio mi aveva donato come salvezza della mia solitudine

Ne soffrivano, si chiedevano se mi avessero offesa in qualche modo. Quando anche io riuscii a capire cosa mi era successo, provai a spiegare loro l’Amore di Dio, ormai avevo capito che se volevo loro veramente bene dovevo in qualche modo portarle a Gesù e se amavo Gesù dovevo evangelizzare. Con tutti gli errori che ho commesso nella vita non mi resta difficile capire gli errori degli altri, ma non c’è gioia più grande che essere perdonati e il mio cuore spera sempre che il perdono che io ho ricevuto lo ricevano anche gli altri perché da quell’abbraccio con Dio c’è la pace vera. Frequentando il gruppo del Rinnovamento ho camminato nella fede e tanti si sono resi conto della mia serenità nell’affrontare i problemi così da cambiare molte delle loro opinioni.

Un giorno una di queste amiche, che non fa nessun cammino di fede, mi chiede di dedicarci il lunedì per stare insieme tra noi, ovviamente sapeva che l’avrei fatta pregare, invitavamo anche altre amiche ma all’inizio non accettavano l’invito. Noi continuammo comunque a farci quella cenetta tranquilla e dire il Rosario ogni lunedì.

Piano piano si aggiunsero le altre. Sono passati pochi mesi e quelle che prima criticavano ora sono frequentatrici assidue. Siamo arrivate ad essere una ventina di ragazze alla volta e quando escono si propongono di portare altre amiche ed io sposto sempre più mobili per fare più spazio in sala. Per me sono delle Principesse invitate dalla Regina del Rosario. Maria mi ha concesso di saperle amare come sono, anche se ancora lontane dalla Chiesa ma pregano e prima non lo facevano, sperano e prima non speravano, si sentono amate e la loro vita sta cambiando.

E prima o poi arriverà anche l’uomo giusto perché Dio non fa mai le cose a metà ed io che non conoscevo cosa fosse l’Annunciazione mi ritrovo ogni Lunedì a leggere il mistero del Rosario che ricorda che: NULLA E’ IMPOSSIBILE A DIO!

Caro fratello e sorella, il Signore ti dia pace!

Da più di 35 anni accogliamo e accompagniamo giovani alla ricerca del progetto di libertà e d’amore di Dio.

Molti vengono a fare i nostri corsi e molto spesso per Grazia di Dio questa esperienza segna una svolta nella loro vita. Purtroppo però alcuni giovani hanno difficoltà a sostenere economicamente il loro percorso nelle varie esperienze che sarebbero utili al loro cammino di crescita umana e spirituale.

Bussiamo quindi alla tua generosità, chiedendoti di sostenere questa nostra missione come PUOI e VUOI! Ringraziandoti fin da ora ti affidiamo al Padre buono e ti lasciamo i dati per effettuare la tua donazione:
PROVINCIA SERAFICA DI SAN FRANCESCO – Aiuta i nostri giovani
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Frati SOG Assisi

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Ad un passo dalla Professione Perpetua dei consigli evangelici

Chi sono, mi è stato chiesto, e come sono arrivato ad Assisi… è un po’ più complesso, ma proverò a fare una breve sintesi.

Diciamo che dopo un’adolescenza molto travagliata, non sarebbe tale altrimenti, no?!?… avevo ripreso a frequentare l’oratorio della mia Parrocchia, in cerca di qualche risposta ai grandi “perché” della vita, ma soprattutto alla ricerca di quella felicità piena, alla quale il cuore di ogni uomo anela profondamente.

Era nato un bel rapporto di amicizia con il mio parroco di allora e queste domande prendevano sempre più forza dentro me.

Nel marzo del 2000, nella mia parrocchia, sono arrivati i frati francescani per una missione popolare; era la prima volta che vedevo i frati, prima ne ignoravo anche l’esistenza… questi mi testimoniarono che questa felicità esiste ed è possibile viverla.

Carico di speranza sono partito con altri 70 giovani della parrocchia, in bicicletta, per il grande giubileo dei giovani a Roma; l’incontro con papa Giovanni Paolo II, a Tor Vergata, ha toccato in profondità il mio cuore e le sue parole che ancora oggi sono vive nella mia memoria sono: “È Gesù che cercate quando sognate la felicità”.

Quella felicità tanto anelata aveva un nome e un volto, Gesù Cristo! Da quel momento la mia ricerca di Lui non si è più interrotta.

Questo mi ha portato a mettere in discussione la mia vita, le mie relazioni, i miei desideri e bisogni.

Dopo alcuni anni sono giunto ad Assisi, e S. Francesco ha conquistato il mio cuore al Signore Gesù.

Sono stati anni di discernimento per conoscere la volontà di Dio Padre sulla mia vita, anni in cui ho fatto esperienza della Sua misericordia infinita, del Suo amore di Padre, ma anche anni di fatiche e lotte interiori per lasciarmi vincere da questo amore.

Gradualmente cresceva in me il desiderio di restituire la mia vita a Colui dal quale tutto ho ricevuto e così, nel settembre del 2005, ho maturato la mia scelta entrando in convento.

Consegnandovi uno stralcio delle grandi cose che Dio ha operato nella mia vita, il desiderio è quello di Maria Santissima: magnificare l’Onnipotente, e allo stesso tempo affidarmi alle vostre preghiere affinché mi custodiscano nel cammino.

di fr Diego

Diego è un giovane all’inizio del suo cammino nella vita francescana. Una testimonianza vera, concreta, che ha le sue radici nella gioia dell’incontro con Dio.

Sono consapevole che ogni nostro passo è accompagnato da Gesù e che il mio cammino è stato condotto da Lui e segnato dalla Sua premura.

Se potessi raccontare tutti i doni che ho ricevuto da Dio nella mia vita, non riuscirei più a finire.

In che modo mi ha interpellato Gesù? Ha bussato alla mia porta quando mi stavo rendendo conto, in fondo in fondo, di due cose.

La prima è che la mia vita era “doppia”: nonostante le innumerevoli attività in parrocchia, al di fuori di quell’ambiente ne combinavo un po’ di tutti i colori.

La seconda è che ero così perché avevo delle ferite da sanare. Gesù è venuto proprio per guarire quelle ferite, aveva il desiderio di mostrare tutta la potenza della sua Risurrezione.

Come ho scoperto tutto questo? Se ripercorro la mia storia, riconosco che la prima testimone della fede è stata mia mamma; ho visto in lei una fede sicura, certa, coriacea, tradizionale forse, ma fondata su basi solide, che l’ha sostenuta negli ostacoli della vita, rafforzando un naturale coraggio e una dolce caparbietà.

Da questa fede, però, riuscivo a trarre solo una religiosità fatta di pratiche che, se da bambino, potevano incuriosirmi, nel turbine dell’adolescenza appariva lontana dalle mie esigenze.

L’invito vero e proprio a camminare nella conoscenza di Gesù arriva d un sacerdote, il vice parroco della mia comunità, da poco giunto in parrocchia: giovane, gioca bene a calcio, simpatico, disponibile, sinceramente interessato a me… Mi chiede di far parte del gruppo parrocchiale.

Dopo un paio di rifiuti, accetto. Sono proprio le attività del gruppo, in particolare quelle estive, che mi segnano: mi accorgo che sentir parlare di Dio mi piace, anzi, di più, mi scalda il cuore. Anche pregare e stare con Lui mi dona gioia.

Sento che dentro di me c’è spazio per incontrarlo. Ma come ogni altro rapporto, anche quello con Dio, se non viene coltivato nelle perseveranza e nella sincerità, è destinato a spegnersi.Una delle grazie più grandi che ho ricevuto in questo periodo è stata la Missione popolare organizzata dai Frati di Assisi a Montegrotto, il Paese a pochi km da Padova da cui provengo.

Il terreno era stato preparato da una settimana estiva ad Assisi: accompagnavo un gruppo di ventenni, e la Parola di Dio preparata per loro, assieme alle testimonianze di frati e clarisse, segnarono una svolta per me!

La Missione giungeva a dieci anni di distanza dal primo invito ad entrare in parrocchia; dieci anni in cui il Signore mi aveva ricolmato di meravigliosi doni (un rapporto di coppia stabile, il lavoro, lo studio, l’impegno in parrocchia…), ma aveva creato in me anche forti domande e grande ricerca.

La Missione popolare mi aprì un orizzonte immenso, quello di un Dio che aveva un posto importante nella mia vita, che voleva donarmi tutto se stesso per permettermi di prendere parte alla sua risurrezione, che voleva trovare spazio proprio dentro la mia sofferenza, per permettermi di lodarlo e rendergli grazie per la guarigione da Lui compiuta.

Ho lasciato che lo facesse e in questo modo ho scoperto – dopo un cammino di discernimento che ho voluto divenisse prioritario rispetto a qualsiasi altra cosa – che il Padre aveva messo nel mio cuore il desiderio di totalità.

E per rendergli grazie, adesso sono qui.

 

Un’avventura senza fiato

Ecco la testimonianza di Aldo, Fulvio e Claudio Festa. Tre fratelli che, nello stesso tempo, hanno scoperto la chiamata a seguire più da vicino il Signore sui passi di san Francesco.

Parlare di se stessi è sempre molto difficile, se poi questo va diviso in tre la difficoltà si triplica:

– Chi dei tre scrive?…

– Il contenuto di chi scrive, piacerà agli altri due?…

– Ciò che è scritto, servirà a qualcosa?…

Troppe domande, e si rischia di preparare il terreno ideale alla “dolce tentazione” del non fare mai niente!… Tralascio, quindi, dubbi e perplessità e mi “immergo” risolutamente in questo scritto-testimonianza nella santa speranza di glorificare Dio anche così!

Subito mi nasce impellente una domanda: “da dove comincio?”. Credendo di essere originale, mi dico: “comincio dalla fine”… e mi compiaccio della trovata, ma un attimo dopo mi chiedo in che modo potrò arrivare al principio della storia se comincio dalla fine?… Boh, ci provo!

Se si guarda a ritroso la propria storia che, nel mio caso, è strettamente legata a quella dei miei due fratelli, – Claudio e Fulvio – si ha quasi sempre l’impressione che la vita appaia in una sua “logica illogicità”… che scorra, cioè, così come deve scorrere malgrado te, malgrado gli altri, malgrado le cose,… quasi che il soggetto sia vittima passiva di un gioco sottile e impenetrabile, sfuggevole a ogni logica comprensione a vantaggio di un Dio inesistente che per di più si chiama “caso”.

Ma se questa panoramica a ritroso della propria vita non si svuota di questo Dio inesistente, la sintesi migliore che se ne potrebbe trarre è che ogni uomo sia irresponsabile e incolpevole di fronte a se stesso, agli altri e al mondo… come se fosse privo di ogni volontà! Ed è “la sintesi peggiore”!

Chi, al contrario, ha la grazia di fare continuamente esperienza di Dio, quello vero, non può certamente cadere in questo grossolano errore di valutazione ed è chiaro che, inevitabilmente, sia portato a contrastare il credo dei non-credenti e di quelli che del “caso” ne fanno il proprio dio… Non è a caso, infatti, che Claudio e Fulvio siano diventati sacerdoti… come non è a caso che io, oggi, mi trovi alla Porziuncola a svolgere il servizio di accoglienza dei pellegrini in Basilica…

voglio dire, insomma, che è il Dio dell’alleanza che da sempre manovra i fili della storia e il caso non c’entra proprio per niente…

Forse, su questo punto, i discendenti di Darwin si agiteranno un po’ e già ne avverto lo sguardo sbieco… ma poco importa!

Dopo venti anni l’abito francescano continua a “vestirci di marrone” e credo di non esagerare se affermo che forse mai abbiamo avvertito un senso di disagio o di stanchezza nell’indossarlo, a riprova del fatto che forse il Signore non si sia affatto sbagliato a chiamarci a questa vita… “di consacrazione”, s’intende. La fatica, semmai, sta nell’essere coerenti sempre con quello che tale chiamata comporta… ma questo è un altro discorso.

Essendomi, comunque, imposto di partire dalla fine, ritorno, chiaramente, al giorno della ordinazione diaconale dei miei due fratelli, la cui celebrazione si è svolta nella nostra parrocchia di origine, a Milano.

Potrei intitolare quel giorno “la festa dei Festa”; …c’erano tutti… anche quelli che non avrei mai pensato che ci fossero e mentre li guardavo pensavo che Dio non smette mai di stupire…ed ero contento… ed ero felice!

Coglievo dallo sguardo di tutti, però, una domanda in sé lecita che però nessuno osava fare ma la cui formulazione mi era ben chiara e precisa e a caratteri ben grandi come si addice alla mia poca vista: “Perchè loro due si e tu no?”. Una domanda scortese? No, non credo proprio… giusta, direi… e l’avrei accolta serenamente e benevolmente con qualche risposta da dare senza però tralasciare la migliore: “Dio ha pensato per me ciò che per me è il meglio… restare frate laico” e anche di questo sono contento.

Al canto litanico dei santi, nel momento della prostrazione, faceva seguito nella mia mente un altro canto anch’esso litanico, quello dei ricordi… sempre uguali, sempre quelli, ma sempre veri! Guardavo loro due prostrati e stentavo a credere che fossero gli stessi miei fratelli coi quali avevo, in un certo senso, convissuto la stessa storia. Come in un film, quei ricordi mi passavano velocemente nella mente simili a fotogrammi irripetibili  ora velati, ora chiari, ora vivi.

È incredibile come spesso il passato si faccia presente in modo sorprendente e mirabile e così palpabile da avere quasi la sensazione che ciò che è stato continua ad essere e ad esistere ancora oggi! Intendo dire, cioè, con la stessa energia ed emozione coi quali quei fatti furono vissuti e non solo, ma anche  con la stessa ansia e la stessa angoscia, la stessa gioia e la stessa speranza, gli stessi odori e gli stessi profumi! Senza rimpianti, ovviamente, perché il presente sempre si avvale del passato per ricavarne il frutto migliore: l’esperienza!

Questa è la forza della memoria quando sa farsi discepola della Verità e il risultato che ne consegue non può essere che uno solo: diventare adulti.

Ora la stola diaconale sigilla la nuova dignità dei miei due fratelli all’interno della chiesa dove anch’io, diacono senza stola, ma uguale nel servizio, mi avvio a continuare con essi una storia mai finita, ancora in tre, insieme, ma in modo nuovo, diverso e con tante altre cose ancora da dire. Ma ritornando al “già detto e fatto” vedo come il film dei ricordi, presenti tre ragazzi ancora giovani e inesperti immersi nel duro mondo del lavoro milanese fra fabbriche e fumi industriali.

Un’infanzia spesso difficile segnata dal cambiamento di cultura e di ambientazione che sempre sta fra il nord e il sud. Dall’ombra del Vesuvio alla “montagnetta di San Siro” il passagio è radicale, forte e si fa sentire a tutti i livelli e in tutti gli ambiti sociali: scuola, mentalità, lavoro, cultura, economia ….

Si aggiunga a questo, poi, la fatica di tutti i giorni dove le cose da fare erano davvero molte ma la più urgente rientrava nei canoni tipici delle famiglie numerose del sud (undici persone la nostra): “salvare la disastrosa situazione economica familiare…e non era cosa da poco!

E la fede?… La religione?… La Chiesa?… Dov’era tutto questo?

Roba dell’altro mondo, nel senso che veramente sembrava appartenere a un altro mondo e non in quello reale… qui, neanche a parlarne… Ci sembrava “roba” per chi non avesse grossi problemi da risolvere per chi, insomma, poteva, in qualche modo, permetterselo. Non c’era tempo per questo! Nessuno ci aveva mai insegnato o detto o forse si, non ne sono sicuro, o non l’avevamo mai capito, che Dio e soprattutto Dio fa parte della nostra stessa sopravvivenza. Lo scoprimmo tardi, molto tardi, ma non tardi abbastanza per non poterlo amare.

Lo scoprimmo ad età ormai adulta, io a trentacinque anni e loro due, anno più anno meno, siamo lì… Lo scoprimmo dopo aver fatto e vissuto esperienze molto dure e sofferte e sulle quali non mi soffermo per ragioni diverse…. soprattutto perché ciò richiederebbe tempo e “spazio”! Più volte, però, ne abbiamo parlato e lo abbiamo testimoniato e già molti conoscono la nostra storia.

Poi le cose, man mano, si aggiustarono… tutte… una ad una… soprattutto economicamente e quando sembrava che potessimo finalmente crogiolarci ai raggi di un sole conquistato ecco che, improvvisamente Lui, il Signore della storia, veniva a sconvolgere di nuovo tutte le cose… Come?… In che modo?… Un’esperienza con Dio è sempre un’esperienza personalissima e perciò difficilissima da raccontare e quindi non la racconto! Mi dispiace per i più curiosi…

Posso solo dire, senza fare della retorica o entrare nel sentimentalismo, che quell’esperienza fu davvero un incontro d’amore e ne ricordo il giorno, la data, l’ora. Non si può dimenticare un incontro da cui doveva germogliare un fiore inatteso: la pace, la pace del cuore…

Così fu e così è… ancora!

Se all’amore si risponde con l’amore era inevitabile che, prima o poi, dovesse avvenire un altro incontro…e avvenne; quello con san Francesco d’Assisi… e da allora, il saio francescano doveva coprire una moltitudine di peccati… e ancora li copre… ahimè!

Poi il seguito; il probandato, il noviziato, gli studi teologici, la professione solenne, il diaconato… tutto come una scommessa… ma tutto per grazia di Dio! Un’avventura senza fiato, ma con tanta pace nel cuore e tanta serenità. Concludo questo breve ricordo, molto sintetizzato, della nostra storia guardando, stupito, l’intrigo di rampicanti e rovi che ci siamo lasciati alle spalle e, sempre stupito, contemplo ora la ridente radura che ci è davanti!

E la fede, vissuta nella Chiesa, che un tempo consideravo “roba dell’altro mondo”, ora è qui, nell’ampio spazio che mi circonda. E sono contento così.