Corso zero… Un nome una garanzia!

Parto da Roma da sola, per il mio primo corso, per seguire questi frati che non so nemmeno così bene chi siano, ma che mi hanno detto tante cose e mi sono fidata, “Proviamo!” penso. Quindi, per la prima volta nella mia vita, parto verso un’incognita. Io che organizzo tutto nei minimi particolari mi sono trovata a partire senza sapere nulla: dove dormo, con chi, come funziona, c’è un programma?… Niente… Sul treno ad ogni fermata pensavo “Ora scendo, mi invento una scusa e torno a casa mia!” Tra un’ansia e l’altra arrivo.
I primi due giorni sono stati totalmente distruttivi. Ho solo sentimenti negativi: tutto ciò che io pensavo è stato distrutto. Tutte le mie convinzioni buttate all’aria da questi tizi che, ridendo e scherzando, mi hanno veramente sconvolto. “Tutto ciò che hai fatto finora ti ha solo incatenato”. Ed è vero, mi sono costruita un castello, la mia Babele, dove è buio, e ci sono stata dentro da sempre. Mi rendo conto che sto sopravvivendo la vita, nient’altro. Sono sempre piena di risentimenti, egoista, polemica, depressa, ansiosa, narcisista, vendicativa. Sono totalmente ripiegata sul mio passato: sì il perdono, ma non troppo; mi dovete voler bene tutti, ma io non mi spreco tanto per gli altri. Non so come uscire, ma soprattutto, voglio uscire? In fin dei conti è buio e opprimente, ma è anche protettivo. Questa cosa mi rende inquieta e anche un po’ impaurita: i cambiamenti non mi piacciono tanto. Non voglio essere scontata e monotona: parrocchia-lavoro-studio. Però, da dove comincio? Sono totalmente senza parole e la sera non riesco a dormire bene. Inoltre, tutto ciò che pensavo di sapere su Dio viene sradicato totalmente e mi sento vuota senza le mie convinzioni. Non so che faccia dare a questo essere in cui dico di credere, non so più cosa è la fede, il mio catechismo crolla insieme al resto. Non riesco a dormire dall’angoscia di non avere dei punti a cui appigliarmi, e mi sento anche stupida perché pensavo di sapere “abbastanza” e in realtà non sapevo niente.
Il giorno successivo mi sconvolge ancora di più, in positivo questa volta. Mi sento confortata in tutte le mie paure (e in qualche modo incomincia a entrare un po’ di luce sui miei viaggi mentali e paranoici) da una frase di P. Francesco che ci chiede: “vi siete mai chiesti perché il centurione, che vede morire persone tutti i giorni, davanti a Gesù che muore si converte?” Non so darmi una risposta, mi è sempre sembrato un personaggio poco rilevante. “Il centurione si converte perché Gesù mentre muore intercede per chi lo sta uccidendo, perché Gesù sulla croce continua ad amare”. Parliamoci chiaro, io sono stata a contatto con le persone malate, e l’unica cosa che potrei dire con certezza è che si lamentano, giustamente, dei dolori, della fatica. Gesù messo in croce senza un motivo, morente, invece di maledirci per l’eternità, ci benedice, ripone il suo spirito nelle mani di Dio e ci AMA. È una cosa umanamente impensabile. Quante volte io ho immaginato di uccidere Dio? Tutte le volte che ero arrabbiata io lo insultavo e lo maledicevo. In quell’istante mi sono vista sotto quella croce e mentre facevo tutto questo Gesù mi amava. Amava me di un amore esclusivo, di un amore personale, e oltre ad amarmi mi perdonava per quei gesti. Mi sento tremare il cuore, mi trema davvero. Sento di essere davvero amata, forse per la prima volta nella mia vita sento il calore dell’amore vero, senza compromessi, che non vuole nulla in cambio, che mi ama e basta. La cosa che mi sconvolge di più è: quante volte ho sentito dire “Dio è amore”, “Dio è morto in croce per te”? Milioni… da genitori, sacerdoti, amici. Talmente tante volte che non mi sono mai soffermata tanto sulla cosa. Invece adesso lo provo fisicamente questo amore. Questo incontro mi ha sconvolto e non so che dire.
Al termine di questa giornata mi sento cambiata, ma anche confusa. Ho ancora un pensiero costante: come faccio a uscire da quello che mi sono costruita? Dalle mie cattive abitudini? Il centurione ha messo in discussione TUTTO per quell’AMORE tangibile. Ma io come faccio? Mi sento incapace.
L’unica cosa che riesco a pensare, per gli amanti di Harry Potter, è avere un pensatoio in cui conservare tutti i miei ricordi e rivederli con calma e capire se realmente ciò che ho visto e sentito è vero!
E qui arriva l’ultimo giorno che inizia a dare un senso a tutto questo, dopo aver scrostato tutte le mie convinzioni, dopo avermi presentato un nuovo Gesù che mi ama tanto, ho bisogno di sapere da dove iniziare.  “Piccoli passi possibili” è la risposta. La vita quotidiana è il mio inizio a questa nuova vita, con un’altra prospettiva, con un cuore diverso, su un’altra strada con altri obbiettivi e con un modo diverso di camminare. Inizio con la confessione. Anche qui ho scoperto dopo milioni di confessioni che non mi sono mai confessata davvero, o meglio, non sapendo realmente cosa stessi facendo. È il mio primissimo passo vero. Da quello si ricostruisce tutto da capo, anche se ancora devo capire bene dove mettere i piedi per camminare.

Beatrice

Ho ben chiaro di come nella mia vita ci sia un prima e un dopo: tutto, apparentemente uguale a prima, è cambiato dopo un “semplice incontro”!

Fin da piccola sono sempre stata attiva in parrocchia: messa tutte le domeniche, mille incontri di Azione Cattolica, poi educatrice e catechista. Crescendo ho iniziato anche a impegnarmi a livello diocesano entrando a far parte dell’equipe di Pastorale Giovanile e diventando operatrice di una specie di oratorio gestito dalla diocesi. Beh che dire, sicuramente tutti servizi molto positivi, che tenevano impegnato parte del mio tempo e delle mie energie. Il Signore mi era  già vicino ma ancora non lo capivo, forse perché ne avevo un’immagine distorta, c’era quasi un rapporto schiava/padrone: per essere amata da Lui dovevo darmi da fare ed impegnarmi.

Agli “impegni di Chiesa” si aggiungeva la mia grande passione per la pallavolo: allenamenti e partite mi occupavano tante ore alla settimana. Non era sbagliato, di per sé fare sport, ma io ero veramente fissata e non ero capace di dargli il giusto peso, non riuscivo a saltare nemmeno un allenamento, anche se avevo altri impegni.

E poi i miei amici: mi sentivo sempre sotto esame e alla ricerca delle loro attenzioni. Dovevo farmi vedere divertente e spensierata per potermi sentire importante per loro, sempre con la battuta pronta. Facevo di tutto per non perdermi alcun appuntamento, cena o festa per paura di sentirmi esclusa.

Basavo tutto su queste tre “ricchezze” che tenevo ben strette. Ad esse chiedevo la vita e cercavo lì la mia felicità. E naturalmente ogni successo, ogni attenzione, ogni relazione me la dovevo meritare: la gratuità non era contemplata! Bastava però che perdessi di vista anche solo una di queste ricchezze che mi sembrava di sprofondare e non trovare più il capo della matassa della mia vita. Tutto questo “fare” celava un grande vuoto che volevo colmare.

In questo susseguirsi di impegni e cose da fare si colloca un incontro, o meglio, L’INCONTRO. Mi sono sentita visitata a casa da Gesù come ha fatto con Zaccheo. Lui si è scomodato ed è venuto a cercarmi nella mia quotidianità, durante la Missione Giovani nella mia città: Senigallia.

In quei giorni era impossibile non respirare la gioia così profonda che traspariva dai frati e dalle suore, la bellezza così semplice che regnava negli appuntamenti in programma. Tutta questa luce mi incuriosiva e faceva nascere in me il desiderio forte di scoprirne la fonte, ma allo stesso tempo mi impauriva perché, senza ombra di dubbio, si trattava di qualcosa di serio, non di certo frivolo. Però, nonostante avessi il cuore troppo indurito e pigro, abituato solo a far rientrare tutto nei miei schemi mentali, mi sono buttata alla ricerca di questa sorgente di gioia.

È bastato abbassare una piccola parte delle mie resistenze, per essere travolta da un amore così forte che mi ha riempito il cuore in un attimo. Quel vuoto che da sempre cercavo di colmare con la pallavolo, gli “impegni di Chiesa” e gli amici, in un attimo era stato riempito fino all’orlo dalla bellezza di Gesù, che da sempre pensavo di servire ma che in verità non avevo mai conosciuto.

La missione era finita, ma io ero stata toccata così in profondità che mi sentivo cambiata e avevo messo in discussione tutta la mia vita e il mio impegnarmi.

Non riuscivo però a capire tutto questo AMORE GRATUITO che nasceva dalla croce di Gesù! Come potevo essere amata io, senza dover far qualcosa in cambio? Perché Gesù aveva deciso di subire il “fallimento” della morte in croce per salvare me e in cambio non pretendeva niente dalla mia vita? E poi perché amava proprio me? Non si rendeva conto di tutti i limiti che avevo?

Questi dubbi mi hanno mandato in crisi e mi hanno fatto allontanare da quella sorgente appena scoperta. Ho cercato di fuggire dandomi all’eccesso: serate su serate, ogni modo per trasgredire era lecito, pur di allontanarmi da quell’amore così assurdo che mi sembrava troppo per essere vero!

Il vuoto che da sempre cercavo di colmare con gli impegni, ed ora anche con gli eccessi, era tornato a farsi sentire più forte di prima e, senza rendermene conto, mi stava riportando di fronte a quell’amore crocifisso che mi impauriva e mi faceva fuggire.

Controvoglia e per una serie di “coincidenze”, mi sono trovata a partecipare alla Marcia Francescana: tutto volevo fare eccetto che essere lì in quei giorni. Mi sentivo fuori luogo e inadatta, eppure, proprio in quella occasione, mi sono arresa di fronte a quell’amore che mi chiamava per nome in maniera così personale, che accettava tutto di me, proprio tutto, anche quello che io per prima non riuscivo ad accogliere.

E allora ho capito quanto fosse vero ciò che Giovanni Paolo II aveva detto ai giovani:

è Gesù che cercate quando sognate la felicità; è Lui che vi aspetta quando niente vi soddisfa di quello che trovate; è Lui la bellezza che tanto vi attrae; è Lui che vi provoca con quella sete di radicalità che non vi permette di adattarvi al compromesso…”.

Ormai non volevo fare altro che rimanere nel Suo amore, affidargli la mia vita e attingere alla sorgente della gioia vera. E per poter far questo ho lasciato che il Signore tagliasse quelle parti di me che erano aride e non portavano frutto, ma soprattutto che potasse quei tralci buoni affinchè portassero più frutto.

E allora ecco che la mia vita non è apparentemente cambiata, ma in verità è estremamente diversa. Il cambiamento più grande sta nella mia relazione con Dio, che ora  non è più un padrone ma un Padre buono che mi ama di un amore immenso.

Per cui non ho smesso di giocare a pallavolo, ma riesco a dargli il giusto peso e non è più un mio idolo. Di amici ne ho molti di più e sono amicizie così belle e profonde che mi scaldano il cuore. Naturalmente è cambiato anche il mettermi a servizio della mia Chiesa diocesana: non è più un modo per sentirmi a posto con la coscienza, ma è un mettermi a servizio dell’altro per portarlo all’incontro con Dio!

Di strada ancora ne ho tanta da fare, la fatica e le difficoltà ci sono, come in ogni cammino che si rispetti, ma non posso che avere il cuore pieno di gratitudine per l’amore così bello che Dio nutre per me: Lui, quando ero ancora lontana, mi ha visto, ha avuto compassione di me, si è commosso, mi è corso incontro e abbracciandomi mi ha fatta sentire una figlia amata! E ora di certo non voglio più fuggire da un Padre così!

Marianna

 

Quando mi è stato chiesto di scrivere queste righe, il mio pensiero è corso… a Dante, che dopo aver scritto un’infinità di versi, quando si trova a dover raccontare l’incontro con Dio, si accorge che le parole non bastano per descrivere l’Amore.
«Se perfino lui, il grande, l’autore che tutto il mondo ci invidia, non trova le parole per raccontare, come potrò trovarle io?», mi chiedevo.
Un incontro avviene sempre tra due persone, mi sono detta; per raccontare il mio incontro, forse prima sarebbe il caso di dire due parole su di me.
Il mio soprannome potrebbe essere «Miss Perfezionismo»; tutto ciò che faccio, o che facevo, doveva essere perfetto: il voto agli esami? Mai meno del massimo. L’animazione in Parrocchia? Sempre super programmata e super spumeggiante. A casa? La figlia maggiore che non dava mai problemi e che si occupava del fratellino come se fosse una mammina in miniatura.
Il mondo di Miss Perfezionismo ha però incominciato a perdere qualche pezzo quando, nonostante il voto massimo di laurea e le promesse della professoressa che ha seguito la mia tesi, non sono riuscita a vincere la borsa per entrare in dottorato: l’Università, per cui tanto mi ero spesa, mi ha sbattuto la porta in faccia.
Proprio quando il Mondo chiude le porte però, spesso intervengono gli Angeli: così un Angelo, nascosto sotto le sembianze di una cara amica, mi ha caricato in macchina e mi ha portato ad Assisi, al Corso Fidanzati.
Lì, dal palco di un teatro per me fino ad allora sconosciuto, e che presto sarebbe diventato familiare, un energico fraticello dai capelli bianchi ha pronunciato di fronte a una platea di centinaia di giovani, una di quelle che io considero «le frasi della mia conversione»; no, non una bella e perfetta citazione biblica, ma… «Con tutte le tue lauree ti ci pulisci il c***, se nella vita non ti sei giocata nell’Amore». Miss Perfezionismo aveva ricevuto una bella botta, ma era dura a morire. Ho cominciato ad insegnare, ma anche in sala insegnanti e in classe le lezioni che proponevo dovevano sempre essere le migliori. Amavo i miei alunni per i risultati che ottenevano e non per ciò che erano.
Ho iniziato a frequentare i corsi, nei quali mi veniva annunciato con potenza un Amore che da me non pretendeva nulla, a cui non importava niente del mio essere brillante e intelligente; un Amore che si fa Dono per tutti, e che ti viene a cercare «nei tuoi mezzogiorni», in «ciò che ti manca», non nei quaderni di appunti perfetti.
E così è avvenuto anche per Miss Perfezionismo: quando mi sono trovata catapultata in una realtà nella quale non sapevo assolutamente dove mettere le mani, l’Amore mi ha visitata e si è fatto trovare.
Proprio nella mia vita, che era sempre scappata di fronte al dolore, alla malattia, all’ “imperfezione”, l’Amore ha preso la forma di una bambina gravemente ammalata, nata con una patologia genetica che non le consente di parlare, di camminare, di nutrirsi via bocca; si esprime con il suo sorriso meraviglioso e con i suoi occhietti vispi.
La Luce dell’Amore si è mostrata nello splendore del sorriso di I.; nella pelle morbida di I. ho toccato la tenerezza dell’Amato; gli occhi della piccola sono stati specchio nel quale si è riflesso lo Sguardo d’Amore più bello, quello di cui ci parla il Vangelo di Marco quando descrive l’incontro tra Gesù e il Giovane Ricco: «Fissatolo, lo amò»
Così, in una bimba che il mondo considera «imperfetta», il Volto dell’Amore si è mostrato a Miss Perfezionismo. Così, imparando a stare accanto a I., senza dover dimostrare niente a nessuno, l’Amore è diventato concreto ed ha iniziato a trasformarsi in gesti: nella concretezza del prendersi cura di questa «perla preziosa» sto scoprendo la bellezza dell’amore che si fa Dono. Ogni ora di sonno “persa”, ogni giorno di vacanza dal lavoro passato con lei, ogni volta che la cambio, rendo grazie al Creatore, che nella Sua genialità, ha scelto di non mostrarsi in mezzo a libri, quaderni e appunti colorati: gli sono bastate una Parola, una guida saggia, e una bambina «imperfetta» per farmi gustare un pezzo di Paradiso qui, sulla Terra; per aver acceso in me il desiderio di «spendersi in quell’Amore che rende la vita feconda»; per aver trasformato «ciò che mi era amaro nella Sua dolcezza»

Eleonora

Fratelli, buon anno! Buon principio di questo anno nuovo!

Ad Assisi in questi giorni sono passati più di milleottocento giovani. C’ero anche io e forse anche tu. Ma in realtà eravamo molti di più.

La domanda è, perché essere qui per capodanno? Mi è capitato ovviamente che miei amici mi chiedessero dove andavo a per il passaggio dell’anno… alla risposta “Quest’anno sarò ad Assisi” mi chiedevano “Ad Assisi? E cosa fate? Cenone, festa…”

Sì, anche tutto questo. Però in tempi e forse modi un po’ diversi: quasi sempre gli eventi a cui sono stato, o che ho organizzato, erano strutturati con una cena lunga fino a mezzanotte, momento in cui c’era un countdown corale, dopo il quale scattava il brindisi, per accogliere l’anno che iniziava con auguri e felicitazioni, con abbracci e con i cin-­‐cin di bicchieri pieni di spumante… poi solitamente dopo gli auguri iniziava la grande serata, in cui ci si divertiva tutti assieme. Per quello che è la mia esperienza, si usciva fuori, si continuava a fare tanti altri cin-­‐ cin, o si andava a ballare o far festa.

Così solitamente si riempivano le prime luci del nuovo anno. Però, anno dopo anno e capodanno dopo capodanno, sentivo che la serata diventava sempre un po’ più pesante da organizzarsi da decidere cosa fare…finché alla classica domanda ‘cosa fai a capodanno?’ rispondevo ‘Non lo so. Ma chissene frega, tanto è una serata come tutte le altre!’

 Be’ oggi ti dico: No. Non è una serata come tutte le altre. Ha qualcosa di particolare, qualcosa che la rende esclusiva.

Io ho sempre pensato che per essere speciale una serata debba avere qualcosa di straordinario… debba fare rumore, essere rombante avere qualcosa da poter raccontare iniziando con frasi del tipo ‘Vecchio mio, non hai capito che serata è stata ieri!….”

Però dopo un po’ la sensazione era sempre più quella di stare a raccontarmela… di dover dimostrare a qualcuno che avevo passato una bella serata o un bel capodanno. Ma era vero? No. E allora? E allora chissene frega! tanto è una serata come tutte le altre! un po’, insomma, come la volpe con l’uva, nella favola di Esopo.

Il capodanno è invece un momento un po’ speciale e la sua particolarità è un’attribuzione di significato. Cosa vuol dire? Vuol dire che il capodanno è SI, oggettivamente, una serata come tutte le altre ma NO, personalmente non lo è! per Te, per Me, per ciascuno, non lo è.

C’è un capodanno, e c’è il tuo capodanno, che è quello che festeggi dentro di te, da solo, nell’intimo del tuo essere; quello che mi fa dire: ‘Buon principio Luca, ed eccoci qua di nuovo.’ Le ricorrenze. Il capodanno è un po’ come il tuo compleanno. Solo che non è solo tuo, è di tutti! Ognuno sa che anno compirà in questo 2016 … 25 anni, 27, 30 anni 35…. Ognuno ha i suoi, ma si è insieme a celebrare questa entrata, ognuno nella sua particolarità. Nel suo anno.

Ti confesso che spesso questo secondo tipo di capodanno, di cui parlavo prima, lo sentivo appena; forse era a questo che serviva il rombare e il rumore della serata di capodanno. A soffocare questo augurio velato e appena percepibile… questo augurio intimo che faceva un po’ paura. Il fatto è che comunque questo augurio, terribilmente velato, si faceva sentire in ogni caso! Magari non durante la serata, quella era Mia! E io non permettevo a nessun augurio velato di impadronirsi della Mia serata. Però poi solitamente il giorno dopo, quando mi svegliavo, tardi, tutto rintronato (per non dire rincoglionito) e magari ancora un po’ traballante, le mie difese erano abbassate e quella voce mi diceva ‘Buon principio Luca, ed eccoci qua di nuovo.’ E be’ per lo meno io a quella voce inconsciamente spesso rispondevo: ‘Buon principio un c***! Speriamo solo che non sia un anno come questo che è passato!’

…e cominci così il tuo anno…

Perché ti dico queste cose? Perché io in queste due serate di capodanno ad Assisi (questa e quella dell’anno scorso) ho riscoperto una cosa importante di questa festa, importanza che mi avevano fatto dimenticare…. importanza che era diluita e annegata nel mare dei festeggiamenti fini a sé stessi, delle ricorrenze che arrivano e ci colgono impreparati…

È stato un passaggio dal mero festeggiare la fine dell’anno sperando che i giorni del nuovo anno siano un po’ migliori, al celebrare l’inizio di un anno nuovo ringraziando per quello che di bello c’è stato in quello appena trascorso.

E in tutto questo c’entra Dio, perché è solo guardando a un Padre comune che puoi veramente augurarti e augurare che sia un anno bello e importante, a persone che riconosci essere tuoi fratelli. A persone che percorreranno insieme a te, che tu lo voglia o no, questo tratto di strada, che è questo anno.

Ecco perché il capodanno ad Assisi: c’è la cena, c’è un festeggiare, c’è un ballare ci sono i cin-­‐ cin, c’è uno stare insieme… ma tutto fa da cornice alla celebrazione nell’Eucarestia dell’inizio di una tappa di cammino lunga un anno, e comune a tutti. A TUTTI. A chi camminerà con noi, a chi s’incontrerà, a chi ci perdonerà, a chi ci lascerà e sarà con noi in altro modo, a chi ci indicherà una direzione… Gioia Dolore Entusiasmo Inquietudini Serenità Perdono…ci saranno anche loro a camminare con noi!

Ma quella voce che ti visita e ti sussurra ‘Buon anno! Eccoci qua di nuovo!’ nel tuo intimo, non soffocarla… tanto prima o dopo torna fuori! Non fare finta di niente e ascolta cosa fa risuonare, perché quella è la strada!

Be’ ecco. Questo è stato il mio capodanno quest’anno. Un Capodanno che apre a un anno Al Settimo Cielo. Questo era il titolo e l’augurio di Assisi per quest’anno.

Vorrei quindi salutarti ricordando queste parole: pensa a un momento in cui ti è sembrato di toccare il cielo con un dito… Ecco. Il sogno di Dio è di non farti solo toccare il Cielo con un dito, perché sarebbe riduttivo, e poi finisce! Il suo desiderio è di farti abitare in questa Dimensione! Io questo voglio, questo desidero per quest’anno! E lo voglio anche per Te! Abitare lì, abitare il Settimo Cielo, abitare il Cuore di Dio! E l’unica porta attraverso cui arrivare al cuore di Dio, lo ricordava nostro fratello Pietro nell’omelia, è fissare lo sguardo sull’amore materno e dolcissimo di Maria, che custodisce il Cuore di Dio, che è suo Figlio, che è il Gesù, il Dio che Salva, L’Emmanuele, il Dio con noi!

E allora buon anno sorella mia, buon anno fratello mio! Nel nome dell’Amore che vince e ogni morte, perché già morto e tornato a vivere una volta e per sempre, un buon anno nello Spirito Santo, che mai abbandona chi lo chiede!

Shalom

Luca

Carissimi dal 14 al 17 Aprile 2016 saremo a Monaco di Baviera per il corso ZERO!
Qui potete vedere il volantino e kliccando la pagina fb del corso!

monaco