Quando mi è stato proposto di fare il corso vocazionale sono rimasta impietrita, ero spaventata da questa parola: vocazione. Dopo molti tentennamenti mi sono iscritta al corso e lì ho scoperto che la parola vocazione richiama all’amore e alla gioia, con la consapevolezza di avere un Padre misericordioso che quotidianamente rinnova la sua promessa di fedeltà. Una volta finito il corso la necessità di restituire la bellezza ricevuta si faceva in me sempre più ardente e così ho deciso di andare a fare servizio al corso vocazionale della Settimana Santa. Sono arrivata un po’ di corsa, presa dal lavoro e dalle situazioni del mio quotidiano, ma una volta giunta ad Assisi e consegnate in Porziuncola tutte queste preoccupazioni, sentivo di avere il cuore pronto per questa esperienza. Fare servizio per me ha significato vedere negli occhi dei ragazzi e le ragazze del corso la Sara di qualche tempo fa, con tutti i dubbi e le incertezze, con la bellezza ricevuta dalle catechesi e dai compagni di viaggio. Ho visto nel viso di ognuno il volto del Signore. Si è soliti dire che quando fai servizio poi alla fine sono gli altri a servire te e, so che può sembrare un luogo comune, ma è proprio così. Ogni momento passato a fare azioni per e con gli altri è stato un dono di Dio, che con la sua pazienza mi ha aiutata a comprendere la ricchezza che c’è negli occhi di chi viene servito. Questo servizio al corso vocazionale è avvenuto in concomitanza della Settimana Santa e credo di non poter essere più grata di così perché Dio mi hai portata nella terra di Francesco per farmi vivere la Pasqua. Ho condiviso con i miei fratelli e le mie sorelle nello Spirito la bellezza del Triduo pasquale, dell’attesa e della gioia incommensurabile del Signore risorto per noi, alleluia! Ho sperimentato la purezza di un Padre che ha dato la sua vita per noi figli, così amati e guardati da lui. Ogni giorno mi approcciavo al servizio sempre più consapevole che le mie difese e le mie paure si stavano abbassando per lasciare spazio ai mei desideri più profondi di felicità. La parola che mi ha accompagnato nei giorni di servizio è una frase molto semplice che Simone dice al Signore nel Vangelo di Luca, “Maestro, abbiamo faticato tutta la notte e non abbiamo preso nulla; ma sulla tua parola getterò le reti” (Lc 5,5). Quel “ma” a metà frase è stato per me un passaggio obbligato, come se ci fosse un prima e un dopo, come se avessi deciso di dire anche io quel “ma” e di abbandonarmi completamente tra le braccia del Padre, come se sapessi che in quel “ma” c’era la chiave di volta per uscire dal silenzio del sabato per trovare finalmente la gioia della domenica di Pasqua. Questa parola ha segnato per me un prima e un dopo nel servizio, da un cuore che si era un po’ indurito ad uno che invece ardeva d’amore ed era pronto ad accogliere l’altro.

Ai ragazzi che hanno svolto il servizio con me non posso che dire un grande grazie, ho trovato dei fratelli con cui condividere momenti irripetibili. A te che hai seguito il corso riservo una parola di ringraziamento, nel tuo sguardo ho visto serenità, stanchezza, a volte timore e soprattutto tanta gioia, grazie perché il Signore mi ha concesso di conoscerti, di servirti e di poter pregare per te.

 

Il Corso Benedirò il Signore in ogni tempo e il Capodanno sono stati per me l’occasione di prendere consapevolezza di come vivevo prima, del cambio di prospettiva e del come cerco di vivere adesso.

La Parola che a questo proposito mi ha colpito molto perchè mi ci sono ritrovata riflessa è la storia di Davide e Golia.

Mi sono resa conto che negli ultimi anni della mia vita ho vissuto un po’ come Saul che si fa bloccare da Golia che è rappresentazione delle nostre paure: paura di non farcela, di sbagliare, di deludere gli altri, di non essere perfetta, di non meritarmi l’amore, di non essere all’altezza, e in più il voler avere tutto sotto controllo, e tutto questo inconsciamente mi bloccava e non mi permetteva di prendere in mano la mia vita e soprattutto dire quel SI al Signore per permettergli di sconfiggere il mio Golia, le mie paure.

In alcune occasioni ho avuto la percezione di vedere Dio più come un nemico, come qualcuno da cui difendermi, che come un Padre che vuole il mio bene; e questo mi portava a volere che le cose andassero come io pensavo fosse meglio, a prendere in mano la situazione e voler fare di testa mia, senza fidarmi davvero di Dio e questo mi ha portato ad ambiguità, delusioni e ferite.

Poi c’è stato il momento più basso in assoluto in cui mi sentivo completamente vuota e li ho deciso di fidarmi di Dio, ero stufa di sopravvivere e volevo davvero vivere credendo alla promessa che Dio è un Padre Buono e ci ama e vuole solo la nostra felicità!

Negli ultimi anni e in parte anche durante il Corso cercavo occasioni, incontri, confronti per trovare delle risposte, delle soluzioni, ma c’era sempre quella sottile paura che non mi faceva vivere appieno il tempo presente: ero spesso rivolta in qualche modo al passato (ai ricordi / rimpianti di come sarebbero potute andare le cose) o al futuro (e al farmi dei castelli mentali sull’immaginarmi come potrebbero andare) caricando la mia vita, è quindi anche gli altri, di pretese e aspettative che magari poi venivano deluse…

A questo proposito mi ha colpito molto durante il Corso la testimonianza della mamma di Carlo Acutis e in particolare la frase che lui diceva spesso “tutti nasciamo come originali, molti muoiono come fotocopie”: in un momento di riflessione ho capito che io stavo cercando risposte e soluzioni che mi potessero essere utili, e ho preso consapevolezza che in realtà non esistono soluzioni o risposte preconfezionate, che non esiste una vocazione o un’altra, ma che esiste La Vocazione, la mia Storia personale, l’Originalità di cui parlava Carlo, il riuscire ad essere pienamente se stessi in ogni istante della propria vita, rimanendo fedeli al proprio quotidiano, in università, con gli amici, con la famiglia, in ogni relazione e rimanendo ancorati saldamente alla mano di Dio!

Nell’ultimo periodo della mia vita e in particolare dopo il Corso ho iniziato a cercare di fidarmi per davvero e a non farmi bloccare più dalle mie pretese e aspettative sugli altri e sulle situazioni, ma cercare di accogliere ogni giorno, ogni situazione e persona che il Signore mette sul mio cammino come un dono, cercando di non avere la pretesa di volere capire tutto e subito, ma accogliendo ogni cosa, consapevole del fatto che Dio è dalla mia parte e vuole il mio bene.

Lorenza

«Andate dunque e imparate che cosa significhi: Misericordia io voglio e non sacrificio. Infatti non sono venuto a chiamare i giusti, ma i peccatori» (Mt 9,13). Sono queste le parole dolcissime che il Signore ha scelto per sigillare la mia esperienza al Corso Vocazionale del 26-31 dicembre. Uno stupendo quanto inatteso regalo di Natale che Lui aveva preparato per me, proprio nel momento in cui ne avevo maggiormente bisogno. Sono nato ed ho sempre vissuto ad Assisi, pertanto avevo molte volte sentito parlare della realtà del Sog e dei vari corsi tenuti dai frati. Tuttavia, non avevo mai sentito l’esigenza di parteciparvi, convinto che non si addicessero poi tanto al mio percorso di fede. Eppure era da tempo che sentivo la mia vita spirituale inaridirsi, avvitarsi su sé stessa, diventare triste e incapace di portare frutto per me e per gli altri. E mentre mi dimenavo tra i miei mille impegni e mi confondevo tra tante scelte professionali e di vita, il Signore ha permesso che mi potessi fermare per ascoltare la sua voce. La voce di un Padre che non desidera dei servi pronti ad obbedire ad ogni suo comando, ma dei figli che sappiano godere del suo amore, che siano capaci di gridare “aiuto!” per costringerlo a prendersi cura di loro. Un Padre che lotta affinché i desideri più profondi del mio cuore si realizzino, che combatte al mio fianco per la mia felicità. Un Dio che mi ha creato e che è contento che io sia qui, in questo mondo, che lui ha immaginato proprio con me dentro.  Riascoltare queste verità, all’apparenza così banali ma in realtà così profonde, ha avuto un effetto liberante dentro di me. Senza accorgermene, negli ultimi anni avevo smesso di percepire l’amore di Dio per la mia vita. Ero probabilmente troppo assorto nei miei schemi religiosi, credevo di aver ormai colto l’essenziale della vita cristiana e cercavo di camminare su questo sentiero, intento a non deviare mai, a fare le cose “giuste”, convinto che nel compiere i precetti avrei trovato quell’acqua per saziare la mia sete di vita. Tutto ciò però non sta avvenendo, ed era una triste verità che non riuscivo ad ammettere. Il mio cuore ha iniziato a riposarsi solamente quando ha avvertito che non ero io a dover fare qualcosa per Dio, ma Lui che stava aspettando di fare qualcosa per me, ma io non gli davo il permesso, ero troppo concentrato su me stesso, sul comprendere cosa il Signore volesse da me per realizzarmi come cristiano, come persona capace di dare la vita per l’altro. Piano piano vedevo aprirsi una nuova prospettiva: Dio mi stava chiamando a lasciarmi amare per quello che realmente ero. Dovevo lasciar cadere quella maschera da “bravo ragazzo” che spesso indosso nei rapporti con gli altri e che stavo usando anche con Dio. Dovevo darmi il permesso di gridare a Lui con tutto il cuore, di amarmi anche nei lati più oscuri della mia personalità, nelle ferite della mia storia, nei miei fallimenti. Dovevo gettargli in faccia il calderone di rabbia ribollente che stavo covando da anni, ma che non potevo tirar fuori per “salvare la faccia”, per continuarmi a dire che “va tutto bene”, trattenendo il grido di dolore dal più profondo del cuore. Ho scoperto che potevo anche ribellarmi a Dio. Anzi, che lui proprio non aspettava altro perché voleva donarmi il suo conforto. E così è stato. Non appena mi sono dato il permesso di provare anche i sentimenti che stavo reprimendo con sdegno, ho sentito la grazia dello Spirito scendere dentro di me per consolare il mio cuore con una serenità che non provavo da molto tempo. Ho iniziato pertanto a mettere da parte quell’idea di Dio che mi ero costruito con il mio moralismo, con le regole da rispettare e le aspettative da compiere, per far posto alla sua vera immagine, quella del Cristo crocifisso. Quella di un uomo che sceglie di consegnare la sua vita nient’altro che per amore della mia. Stavo provando finalmente il sapore dolce di una liberazione. Potevo azzittire il giudice interno che continuava a puntarmi il dito da anni, perché ero contento di essere mancante. E Cristo mi stava aspettando proprio lì. Perché Lui cerca i malati e i peccatori, e non serve a nulla nascondersi dietro le solite maschere. Nella sua misericordia è venuto a stanarmi, a ricordarmi che sono un suo figlio amato, facendomi nascere un profondo desiderio di godere pienamente di questo immenso amore. Lo ha fatto attraverso l’abbondante e intensa predicazione dei frati e delle suore, fatta di parole ma soprattutto di volti gioiosi. E soprattutto lo ha fatto attraverso una stupenda esperienza di fraternità, insieme ad altri ragazzi e ragazze provenienti da ogni parte d’Italia, con il loro carico di storie mai banali. E lo ha continuato a fare una volta tornato a casa, nella vita concreta di tutti i giorni, donandomi – finalmente! – la gioia di rimanere al mio posto, di apprezzare le attività del quotidiano, senza sognare “fughe ai tropici” e senza volgere lo sguardo al passato con nostalgia. Credo che questo sia per me un nuovo inizio nel mio rapporto con Dio e spero di poter scoprire sempre più il suo sguardo d’amore mentre mi contempla come sua creatura. Senza cercare di rinchiuderlo nelle mie prigioni mentali, ma rimanendo aperto alla sua sempre sorprendente novità. Perché senza dubbio Lui vuole stare insieme a me per condurmi alla realizzazione dei miei desideri più profondi, e vorrà mostrarmi nel cammino un progetto d’amore, un terreno in cui la mia vita possa essere autentica e fiorire. Sarebbe proprio un peccato, in effetti, disperdere questo immenso tesoro in avventure di piccolo cabotaggio, sconfitti dalla paura di spiegare le vele verso il mare aperto per seguire la propria, personalissima rotta. Perché ognuno di noi è un pezzo unico nel puzzle della creazione ed io mi sento una gran voglia di “incastrarmi” in quest’opera meravigliosa.

Alessandro

Mi ricordo poche (ma grandi) cose del mio corso zero, come il ritardo pazzesco a causa del Flixbus che ha portato me e mia sorella a perdere le prime catechesi e a mangiare nel tavolo sbagliato, quello del gruppo servizio. Ricordo il ragazzo seduto davanti a me, che mi colpì perché aveva la mia stessa età (e la maglietta di un gruppo musical fantastico!). E quando qualche sera dopo, sentendo la voce di un frate che diceva che i ragazzi del servizio stavano pregando per me, ho alzato lo sguardo e ho visto quello stesso ragazzo, inginocchiato davanti al crocifisso, sono rimasta folgorata. Lui, di fatto, non mi conosceva, però stava pregando intensamente per me, quando io non riuscivo neanche a volermi bene. Era come se tutte le mie debolezze, i miei sbagli, tutto quello che io non mi perdonavo non avessero più valore. Nonostante tutto, anche se io non ne avevo le forze, anche se io credevo di non meritarlo, qualcuno stava pregando per me. Gesù in quel momento mi ha guardata, e un po’ mi ha canzonata; Lui avrebbe usato ogni strumento per raggiungermi, e per quanto io mi convincessi del contrario, il Suo amore potevo rifiutarlo ma mai deluderlo.

Quando mi è stato proposto di fare servizio a mia volta, questa è stata la prima immagine che mi è venuta in mente. Ed è stato come se quell’immenso Amore si fosse risvegliato, e si agitasse in me perché mi riempiva così tanto che voleva strabordare. La cosa bella è stata la novità di questo sentire, perché mi lasciava completamente libera. Non si trattava di restituire un favore, o cercare di ripagare quanto avevo ricevuto, perché quell’Amore mi raggiungeva sempre e comunque. Però sentivo che sarebbe stato un furto privare qualcuno di quest’Amore.

Fare servizio è stato come portare a compimento il corso zero. È vero che il corso è il punto di (ri)partenza, e le parole ricevute mi avevano stravolta. Però poi mi è stato difficile assimilarle nella vita di tutti i giorni, e il servizio mi ha svelato il perché. Ero così ripiegata su me stessa e le cose da correggere, che non andavo da nessuna parte ma sbattevo la testa sugli errori di sempre (alzi la mano chi non ne ha mai fatto esperienza!). Per me le giornate erano semplicemente un ciclo continuo di cose da fare. Ebbene, al servizio da fare ce n’è tanto, e spesso mi sono trovata a fare azioni che già svolgevo nel quotidiano, ma è cambiato il modo di stare in quelle azioni. Ogni momento era impastato nella Parola di Dio, e ogni azione, grazie a Lui, svelava tutta la sua ricchezza. La cosa bella del servizio era che si poteva fare solo insieme; insieme a Dio e insieme ad un gruppo, e lasciatemelo dire: che gruppo! Era semplicemente e straordinariamente bello! Caro Dio, lasciatelo dire, sei proprio bravo: hai creato delle meraviglie stupende, uniche e piene di doni. Grazie, perché hai armonizzato sapientemente le nostre personalità. Ero pronta, subito dopo il corso, a ritornare in Inghilterra a studiare e mi sono sorpresa a ripartire! Vado verso le stesse fatiche, le stesse persone, gli stessi luoghi e le stesse responsabilità, ma lo sguardo punta molto più in alto. Dopotutto, anche gli aerei quando piove volano più in alto, e sopra le nuvole splende sempre il sole.

Cari ragazzi e ragazze a cui ho fatto servizio, ho tanto da ringraziarvi! Nei vostri volti, Dio risplendeva, e mi sono sentita privilegiata nel poter vedere i vostri occhi illuminarsi sempre di più, giorno per giorno. E quando è toccato a me, di pregare per voi, ho compreso che mi ero sbagliata, che in realtà i ragazzi e le ragazze del servizio mi conoscevano. Anche loro, come me, si sentivano piccoli, insufficienti, indegni. Non avevano altro da offrire a Dio se non sé stessi, e Dio ha amato tutto con la sua grazia. E quindi anche loro, per me, pregavano per abbracciare tutto di me, non nonostante le mie debolezze ma proprio attraverso esse.

Cari ragazzi e ragazze, vi custodisco nelle mie preghiere. Non so voi come vi guardate, ma Dio non ha sbagliato se vi ha creati così come siete! ‘Dio ci ama sempre tramite qualcuno’, e per me voi siete stati quel qualcuno!

Chiara