Sono arrivato alla Marcia 2022 nel mezzo di un cammino di fede che sembra non
conoscere fondo; più vado avanti ad approfondirlo e più mi accorgo che non c’è
una fine all’amore che mi spinge ad approfondire la mia relazione con Dio. Sono
arrivato alla marcia dopo mesi rocamboleschi pieni di cambiamenti e di nuove
esperienze e amicizie. Quando ho iniziato il mio percorso con il SOG a dicembre
dello scorso anno già avevo abbozzato l’idea di fare la marcia. Ero infatti venuto a
conoscenza di questa esperienza mediante le testimonianze su Chiara Corbella, e
da subito mi aveva incuriosito molto. Poi, varie storie a cui alcuni amici
accennavano senza mai spoilerare troppo ma che andavano sempre fino in fondo
nel significato importante della marcia per la loro vita mi avevano affascinato.
Tuttavia, mi sono affidato al mio padre spirituale, ed è stato lui a propormi di farla
quest’anno. Preso dall’emozione ho accettato subito la proposta! Le settimane
prima della marcia sono state molto intense per via della sessione universitaria, ma
non facevo che contare i giorni che mancavano!
E poi siamo partiti! In verità, io non sapevo bene che cosa aspettarmi perché
volutamente non avevo voluto sapere molte notizie su cosa si facesse
effettivamente. Ero consapevole però di avere dentro delle domande grandi da
portare fino alla Porziuncola e che sarebbero stati giorni impegnativi. Così è stato: i
primi giorni sono stati una lotta a lasciarsi amare fino in fondo dalle persone che
avevo intorno; poi alcuni dialoghi mi hanno aiutato e i giorni successivi sono stati
un’esplosione di occasioni per conoscere persone, approfondire rapporti e fare
dialoghi profondi. Non ho mai trovato un posto così bello e così grande dove
davvero poter mettere a tema tante domande che mi portavo dentro, a partire da
quelle di fede fino a conversazioni e momenti più leggeri. I primi giorni eravamo
tutti dei semplici compagni di cammino, poi col passare dei giorni certi rapporti
fanno davvero la differenza.
La cosa che più mi ha colpito e che mi porto dietro di quei giorni è l’amore gratuito
ricevuto. Alla marcia non importa chi sei o quale sia la tua storia o quanti corsi SOG
hai fatto, tutti vengono trattati allo stesso modo! Credimi, io non mi sono mai
sentito così amato da degli sconosciuti come in questa occasione, il tutto a partire
da piccoli gesti, anche solo un guastatore che si ferma un istante e ti chiede come
stai lungo il cammino o un sorriso di un compagno marciatore che con gli occhi ti
dice ce l’abbiamo fatta all’arrivo. Quello che sto imparando è che tante volte
nemmeno servono le parole per amare chi abbiamo al nostro fianco, è sufficiente
uno sguardo che si lascia leggere, un abbraccio di gioia o una risata tra amici. Alla
marcia ho riscoperto quanto è bello non possedere nulla, eppure avere tutto! Anzi,
avere molto di più di quello che ci si aspetta!
Come dicevo all’inizio, sono partito senza sapere bene che cosa mi aspettasse
durante la marcia, non sapevo nemmeno il titolo, “Infinitamente Buono” (slogan
che si è rivelato durante tutto il cammino come la verità più profonda di tutto
questo percorso). Sapevo solo che, essendo il tema quello del perdono,
probabilmente ad un certo punto ci sarebbe stata una confessione e qualche altro
momento inerente al tema, ma non pensavo di certo che quei momenti potessero
essere così importanti per il mio cammino e farmi conoscere un altro livello di
comunione con il Padre.
Il passaggio in Porziuncola è stato un momento di gioia piena per me, un senso di
libertà e di festa che mescolato in questo modo ha sprigionato emozioni che non
avevo mai provato. Io auguro a te che mi leggi di provare emozioni di questo tipo
nella tua vita perché un senso di pienezza così in 23 anni di vita e vari anni di ricerca
e cammino di fede non l’avevo mai provata.
La marcia non te la consiglio se sei debole di cuore: perché alla marcia tutti i cuori
più duri e freddi vengono frantumati e trasformati in cuori caldi e di carne che
sanno amare. “Da un amore gigante così io non posso tornare indietro” dice una
canzone di Debora Vezzani. Credo che descriva bene quello che ho provato in
questo cammino e che nel quotidiano cerco di restituire a chi incontro.
Riccardo
Sono finito alla Marcia Francescana 2022 in maniera rocambolesca, in un momento particolare della mia vita, come molti miei compagni di cammino. Avevo sentito parlare della marcia nel libro su Chiara Corbella “Siamo nati e non moriremo mai più”, ragazza alla cui storia devo molto. Non sapevo molto su Assisi, non ero mai stato in Porziuncola e non sapevo nulla sulla marcia. Sapevo solo che in occasione della festa del Perdono un gruppo di frati, suore e di giovani si mettono in viaggio, ogni anno, per arrivare alla Porziuncola. Da subito ho sentito nel cuore il grande desiderio di vivere anche io questa esperienza e scoprire se in marcia avrei potuto incontrare altri ragazzi, della mia età, innamorati di Dio come lo era anche Chiara (spoiler: era pieno). Ovviamente, la mia marcia è andata ben al di là di qualsiasi possibile previsione.
I giorni precedenti alla partenza ho iniziato a ricevere qualche dettaglio in più sull’esperienza che stavo per affrontare: il tema per il 2022 sarebbe stato “Infinitamente buono” e la marcia, come ogni anno, avrebbe riguardato l’esperienza del perdono. “Tutto qui?”, pensai. Insomma, ho fatto le elementari dalle suore, anni di catechismo e da qualche anno ho ripreso con serietà il mio cammino di fede… è “tutto qui” quello che dovrà dirmi la marcia? Non vi nascondo che un minimo di delusione sincera c’è stata, seguita però subito dalla convinzione che Dio ha una parola per ognuno di noi e a me chiaramente avrebbe detto qualcos’altro, qualcosa di nuovo.
Capiamoci, non si trattava di sminuire la bellezza del perdono di Dio, e nemmeno mettere in dubbio la Sua infinita bontà. Ma erano cose di cui ero già a conoscenza e di cui giù godevo attraverso la confessione e i sacramenti che già contribuivano alla mia felicità da figlio di Dio.
E infatti, fortunatamente, avevo torto e Dio ha fatto nuove tutte le cose, come al solito.
Quelle parole erano rivolte proprio a me! Ed hanno assunto un significato concreto, le ho potute vivere in prima persona, farne esperienza diretta in marcia: insomma è cambiato tutto, nonostante tutto sia rimasto come era prima. Dio, che si è fatto uomo per noi, che ha assunto un corpo di carne fatto come il nostro, ha mostrato il suo volto nel corso del cammino, e l’ho potuto vedere in prima persona, nei miei compagni marciatori, nei frati e nelle suore, nella confessione. E quel volto mi ha mostrato la Sua dolcezza. Quel volto che perdona, quel volto infinitamente buono, lo fa con la dolcezza che ora abita la mia relazione con Lui, con me stesso e con il mio passato. “La venda ya cayó”, recita una canzone sentita spesso nei giorni di cammino: “la benda ormai è caduta”. È stato proprio così. Arrivare in Porziuncola per me è stato come giungere alla meta di un viaggio lungo 28 anni e poter finalmente festeggiare con i propri fratelli l’infinita bontà di Dio.
Giovanni
“Così dice il Signore: Ecco, io la sedurrò, la condurrò nel deserto e parlerò al suo cuore.”
Sedotta, è così che mi sono sentita dopo aver ricevuto una chiamata del tutto inaspettata dove mi veniva proposto di partecipare al gruppo di servizio, i guastatori, della Marcia Francescana; sedotta perché non avevo l’avevo chiesto io di partecipare e non l’avevo programmato ma in pochissimi giorni tutto si è allineato perfettamente perché io potessi rispondere di sì a quell’invito. Fiduciosa, che in così poco tempo tutto fosse stato preparato e sentendomi desiderata e chiamata lì in questa esperienza, ho accettato. Solo dopo aver detto di sì mi sono resa conto che questa Marcia sarebbe stato per me il saluto al luogo dove avevo vissuto i miei ultimi 10 anni, avendo fatto l’università in Umbria. E non solo, sarebbe stato un saluto da un luogo speciale: la Porziuncola, proprio lì dove in questi anni ho incontrato il Signore e la mia vita è iniziata a cambiare con la luce della fede.
In pochissimi giorni mi ritrovo a Cortona, partenza di questa 40° Marcia Francescana, per iniziare questa esperienza anche in maniera un po’ inconsapevole, non avevo infatti un ricordo e una percezione nitida del servizio che i guastatori avevano svolto quando io ero stata marciatrice; ma una Parola ci ha sempre accompagnato: “il Signore è con te” e allora tutto il lavoro, la fatica, gli imprevisti, la stanchezza vissuti sono stati illuminati da quella Parola, tutto era vissuto alla presenza del Signore tra noi. In modo particolare per me, la Sua presenza è stata tangibile nel volto degli altri guastatori, nella loro disponibilità, nella loro gioia, nell’amicizia, nell’incoraggiarsi e nell’aiutarsi a vicenda, nel loro conforto e nei nostri momenti di condivisione. È stato proprio in alcuni momenti sia di lavoro, sia di riposo che capitava di confidarsi e ciò che mi hanno restituito è stata per me la voce del Signore che parlava nel deserto di quei giorni, dove io mi sentivo più vulnerabile e fragile, dove la stanchezza rompeva tutte le mie armi di difesa, dove il silenzio si faceva spazio perché alcune domande, che mi portavo nel cuore e avevo affidato in preghiera in quei giorni, non avevano risposta. Ma quello che mi abitava era serenità e pace nel mostrarmi così come sono e ho potuto sperimentato da loro quella cura e quelle attenzioni che ti fanno sentire profondamente amata.
Allo stesso modo, in modo particolare per tutti i marciatori, anch’io ho cercato di vivere questo servizio proprio con questo scopo, di poter donare a ciascuno delle persone che incontravo in ogni momento della giornata o nel compito che stavo svolgendo, quella cura che arrivava nella giornata come una carezza. Ciò che ho cercato di fare è stato quello di regalare loro un sorriso o un saluto, un incoraggiamento o una battuta perché anche loro potessero sperimentare quello che io avevo vissuto nella mia esperienza precedente da marciatrice, avere qualcuno che gratuitamente ha preparato tutto solo per te, qualcuno che è lì pronto a sostenerti e aiutarti solo per te, qualcuno che gioisce insieme a te e per te! L’esperienza della Marcia Francescana per me è l’occasione in cui puoi sperimentare di toccare veramente l’essenzialità della vita, in cui puoi fare a meno di così tante cose di cui ci riempiamo ogni giorno, ma arrivare a sera e gioire in pace di ciò che si è vissuto, di avere quel senso di profonda gratitudine alla Vita che non ci è mancato nulla, anzi che ogni istante è stato pienamente vissuto e mai sprecato.
Il passaggio in Porziuncola è stato emozionante e davvero lì ci ho lasciato tutte le mie domande e i miei desideri, affidandomi totalmente al Padre, ma soprattutto ci ho portato un grande grazie al Signore per tutta la vita che mi ha donato in questi anni e per questo regalo finale, di poter partecipare a quest’esperienza come guastatrice; ciò che più mi porto via è proprio questo senso di profonda gratitudine. Tante volte avevo maledetto la scelta della sede universitaria e molti fallimenti che in quegli anni ho vissuto, ma l’unica cosa che invece sono riuscita a pensare in quei giorni è stato: Benedetto quel giorno che ho fallito! Benedetta quella scelta obbligata! Benedetto quel giorno che non ho più contato sulle mie forze, perché se tutto questo serviva a portarmi fino a qui, a vivere la Vita che mi è stata donata, a godere dell’amore di tutti i fratelli che mi hanno accompagnato e a sperimentare l’abbraccio misericordioso del Padre, allora ne valeva la pena. Quel pezzo di storia non è più tempo perso o che vorrei cancellare, ma è tempo abitato da Dio! Perché il Signore, infintamente buono, è sempre stato con me!
Lucia
Quando sono stato invitato al pellegrinaggio in terra santa – “felice come una pasqua” –, tutto mi sarei aspettato tranne una confessione di 216 ore. Dio non mi ha concesso il favore di restare chiuso in quello che credevo di conoscere su di me, ma ha fatto sì che confessassi a me stesso chi sono veramente, senza mezzi termini per tutti i 9 giorni. Ogni passo, ogni pensiero, ogni catechesi, ogni volto che ho incontrato, urlava un invito di vita piena.
Ho iniziato a intuire la grandezza di questo invito, quando persino “quelle” pietre celebravano la vita più di me…
…Simone di Giovanni mi ami tu più di costoro? (Gv 21, 15)
L’Amore è sempre un invito. Questo mi fa paura perché la libertà dell’amore ha destabilizzato una tristezza profonda che mi portavo dentro, ed era difficile disobbedirle perché in fondo pensavo di meritarla. Ci sono sbagli dai quali pensiamo non ci possa essere remissione di colpa. Ed io decollavo con questo cuore.
L’avevo fatta davvero grossa e quando hai questa consapevolezza, il rimprovero brucia fortissimo dentro di te! L’Amore cerca proprio questo fallimento. Eppure, proprio non volevo dirglielo, pensavo fosse un fatto mio; tu hai sbagliato e tu devi rimediare, ma questa panacea è solo un’altra scusa che suona pressappoco così: “Io vorrei tanto essere all’altezza, vorrei tanto guardarti negli occhi e dirti ‘Si Signore, tu sai che ti amo, ma la mia memoria riattiva uno e un solo ricordo ‘quell’uomo non sono io’”
Questa frase brucia non per lo sbaglio fatto, ma perché mi ero ripromesso che non avrei più sbagliato, stavolta no Gesù! Era troppo umiliante per me, soprattutto perché significava che TU dovevi abbassarti ancora una volta per me, ma questo proprio no!
E una nuova parola ha iniziato a germogliare in me: non un’altra volta Agostino, ma per te, fino in fondo…
…Simone di Giovanni mi ami tu più di costoro? (Gv21, 16)
L’Amore è sempre un invito. Questo mi fa paura perché arriva un tempo in cui hai esaurito tutte le scuse e non ci sono più parole dietro cui nasconderti, ma nel tuo fondo regge un esiguo filo di orgoglio difficile da spezzare: “io non sono così!”. Benedetto è stato questo momento perché finalmente ha preso vita la sua parola dentro di me. Quando abbiamo il cuore ferito ed esaurito tutte le scuse, Dio ci viene incontro; ed io l’ho accolto, perché cercavo difesa e no verità, eppure in questo rifugio mi ha istillato il desiderio della verità.
Per tanto tempo ho custodito una parola biblica nel cuore, e mentre pensavo di circoscriverla in me, mi lavorava nella discrezione. Questa parola, conteneva un presentimento di vita credibile, schiudeva e chiudeva insieme una carica di speranza e impotenza. Più la preservavo e più diventava pensate stare in quelle parole. Le aspettative personali e del mondo, gli affetti di chi ti sta vicino, dei parenti, degli amici, t’inchiodano in quella pungente satira “dov’è il tuo Dio” (Sal 41, 4) di cui tanto parli, ma io non avevo parole di difesa perché sapevo che il Vasaio stava rinnovando le sue promesse, ed era il tempo di lasciarsi ri-modellare (cfr Ger 18, 1-6).
E poi è accaduto che in quella terra santa, dove ho protetto quelle parole a denti stretti, sono stato accolto da qualcuno. Io pensavo di dover raggiungere chissà chi e invece ho scoperto che i confini del mio deserto solitario erano circoscritti in un abbraccio più grande di me…questo ha riacceso il mio cuore, gli ha dato un nuovo ritmo e la silenziosa quiete del deserto si è trasformata in una inquietudine incandescente!
…Simone di Giovanni mi ami? (Gv 21, 17)
L’Amore è sempre un invito. Questo mi fa paura perché arriva un momento in cui davvero devi consegnare il marcio che hai. Dietro questo mio putridume, nascondevo una fragilità immensa, inevitabile.
La lavanda dei piedi per me è stato un momento aureo e insieme dolorosissimo. Ho dovuto riaprire una “ferita necessaria” del mio cuore, una ferita che lo aveva spezzato strappandolo in me. Era la ferita che nessuno doveva vedere, perché memoriale del mio fallimento, della mia infedeltà e qui Gesù ha voluto metterci tutto sé stesso!
È proprio vero, sentire Gesù che carica su di se questo peso è inaccettabile, ti brucia dentro così tanto perché ha reso evidente quello che sospettavo nel mio intimo: “è proprio vero Gesù tu sai che sono incapace di amare, ogni due per tre sbaglio passo, ma allo stesso tempo sento di essere fatto da e per questo amore; sono venuto qui per ritrovarmi e invece continuo a perdermi nel tuo amore; sono venuto qui per trovare il per sempre e tu mi inviti a morire per qualcuno, fino in fondo ”. A TE, le cose fino ad un certo punto, proprio non piacciono….
…che te ne importa, tu seguimi! (Gv 21, 22)
Da quando sono tornato dal pellegrinaggio in Terra Santa, la domanda del cuore non è cambiata. C’è un urlo verso di Lui che rammenta “DOVE SONO LE COSE CHE MI HAI PROMESSO!?”, eppure ogni qualvolta mi presento davanti a te nell’eucarestia tu mi dici “Agostino hai capito cosa ho fatto per te? ed io rispondo: “No mio Signore, ma non smettere di compiere ciò che hai iniziato in questa terra santa!”
Agostino
Lascia che la grazia del tuo Battesimo fruttifichi in un cammino di santità. Lascia che tutto sia aperto a Dio e a tal fine scegli Lui, scegli Dio sempre di nuovo. Non ti scoraggiare, perché hai la forza dello Spirito Santo affinché sia possibile, e la santità, in fondo, è il frutto dello Spirito Santo nella tua vita (cfr Gal 5,22-23). Quando senti la tentazione di invischiarti nella tua debolezza, alza gli occhi al Crocifisso e digli: “Signore, io sono un poveretto, ma tu puoi compiere il miracolo di rendermi un poco migliore” (GE 15)
Ieri, 12 giugno, abbiamo vissuto insieme a tanti giovani dei nostri corsi, il X anniversario della Pasqua di Chiara Corbella Petrillo.
Dopo la testimonianza di Enrico e di fra Vito abbiamo celebrato la Santa Messa nella Basilica di santa Maria degli Angeli, nella quale il Ministro Generale Massimo Fusarelli, ci ha detto che “Siamo qui alla Porziuncola a ricordarla non solo perché qui ha vissuto momenti importanti, ma perché Francesco d’Assisi ha lasciato una traccia profonda nella sua vita e attraverso di lei ci fa vedere oggi che il Vangelo ci può trasformare”.
Grazie Chiara perché per molti sei stata la prova visibile che il Vangelo fa nuove tutte le cose. Grazie perchè ancora di più oggi ci fai vedere con i nostri occhi quanto è bello diventare santi. Grazie perchè ci ricordi quanto san Francesco e la Porziuncola siano canale della vita abbondante di Dio.
Infine il Ministro ha annunciato che il Vicariato di Roma, nella persona del cardinale vicario di sua Santità Angelo De Donatis, ha accettato la richiesta che la causa per la beatificazione della serva di Dio passi alla postulazione generale dell’Ordine dei Frati Minori. Chiara Corbella Petrillo presenta tratti caratteristici del carisma francescano, che in lei assume colori nuovi e inattesi grazie alla santa e adorabile Trinità.




Quando mi è stato proposto di fare il corso vocazionale sono rimasta impietrita, ero spaventata da questa parola: vocazione. Dopo molti tentennamenti mi sono iscritta al corso e lì ho scoperto che la parola vocazione richiama all’amore e alla gioia, con la consapevolezza di avere un Padre misericordioso che quotidianamente rinnova la sua promessa di fedeltà. Una volta finito il corso la necessità di restituire la bellezza ricevuta si faceva in me sempre più ardente e così ho deciso di andare a fare servizio al corso vocazionale della Settimana Santa. Sono arrivata un po’ di corsa, presa dal lavoro e dalle situazioni del mio quotidiano, ma una volta giunta ad Assisi e consegnate in Porziuncola tutte queste preoccupazioni, sentivo di avere il cuore pronto per questa esperienza. Fare servizio per me ha significato vedere negli occhi dei ragazzi e le ragazze del corso la Sara di qualche tempo fa, con tutti i dubbi e le incertezze, con la bellezza ricevuta dalle catechesi e dai compagni di viaggio. Ho visto nel viso di ognuno il volto del Signore. Si è soliti dire che quando fai servizio poi alla fine sono gli altri a servire te e, so che può sembrare un luogo comune, ma è proprio così. Ogni momento passato a fare azioni per e con gli altri è stato un dono di Dio, che con la sua pazienza mi ha aiutata a comprendere la ricchezza che c’è negli occhi di chi viene servito. Questo servizio al corso vocazionale è avvenuto in concomitanza della Settimana Santa e credo di non poter essere più grata di così perché Dio mi hai portata nella terra di Francesco per farmi vivere la Pasqua. Ho condiviso con i miei fratelli e le mie sorelle nello Spirito la bellezza del Triduo pasquale, dell’attesa e della gioia incommensurabile del Signore risorto per noi, alleluia! Ho sperimentato la purezza di un Padre che ha dato la sua vita per noi figli, così amati e guardati da lui. Ogni giorno mi approcciavo al servizio sempre più consapevole che le mie difese e le mie paure si stavano abbassando per lasciare spazio ai mei desideri più profondi di felicità. La parola che mi ha accompagnato nei giorni di servizio è una frase molto semplice che Simone dice al Signore nel Vangelo di Luca, “Maestro, abbiamo faticato tutta la notte e non abbiamo preso nulla; ma sulla tua parola getterò le reti” (Lc 5,5). Quel “ma” a metà frase è stato per me un passaggio obbligato, come se ci fosse un prima e un dopo, come se avessi deciso di dire anche io quel “ma” e di abbandonarmi completamente tra le braccia del Padre, come se sapessi che in quel “ma” c’era la chiave di volta per uscire dal silenzio del sabato per trovare finalmente la gioia della domenica di Pasqua. Questa parola ha segnato per me un prima e un dopo nel servizio, da un cuore che si era un po’ indurito ad uno che invece ardeva d’amore ed era pronto ad accogliere l’altro.
Ai ragazzi che hanno svolto il servizio con me non posso che dire un grande grazie, ho trovato dei fratelli con cui condividere momenti irripetibili. A te che hai seguito il corso riservo una parola di ringraziamento, nel tuo sguardo ho visto serenità, stanchezza, a volte timore e soprattutto tanta gioia, grazie perché il Signore mi ha concesso di conoscerti, di servirti e di poter pregare per te.
Il Corso Benedirò il Signore in ogni tempo e il Capodanno sono stati per me l’occasione di prendere consapevolezza di come vivevo prima, del cambio di prospettiva e del come cerco di vivere adesso.
La Parola che a questo proposito mi ha colpito molto perchè mi ci sono ritrovata riflessa è la storia di Davide e Golia.
Mi sono resa conto che negli ultimi anni della mia vita ho vissuto un po’ come Saul che si fa bloccare da Golia che è rappresentazione delle nostre paure: paura di non farcela, di sbagliare, di deludere gli altri, di non essere perfetta, di non meritarmi l’amore, di non essere all’altezza, e in più il voler avere tutto sotto controllo, e tutto questo inconsciamente mi bloccava e non mi permetteva di prendere in mano la mia vita e soprattutto dire quel SI al Signore per permettergli di sconfiggere il mio Golia, le mie paure.
In alcune occasioni ho avuto la percezione di vedere Dio più come un nemico, come qualcuno da cui difendermi, che come un Padre che vuole il mio bene; e questo mi portava a volere che le cose andassero come io pensavo fosse meglio, a prendere in mano la situazione e voler fare di testa mia, senza fidarmi davvero di Dio e questo mi ha portato ad ambiguità, delusioni e ferite.
Poi c’è stato il momento più basso in assoluto in cui mi sentivo completamente vuota e li ho deciso di fidarmi di Dio, ero stufa di sopravvivere e volevo davvero vivere credendo alla promessa che Dio è un Padre Buono e ci ama e vuole solo la nostra felicità!
Negli ultimi anni e in parte anche durante il Corso cercavo occasioni, incontri, confronti per trovare delle risposte, delle soluzioni, ma c’era sempre quella sottile paura che non mi faceva vivere appieno il tempo presente: ero spesso rivolta in qualche modo al passato (ai ricordi / rimpianti di come sarebbero potute andare le cose) o al futuro (e al farmi dei castelli mentali sull’immaginarmi come potrebbero andare) caricando la mia vita, è quindi anche gli altri, di pretese e aspettative che magari poi venivano deluse…
A questo proposito mi ha colpito molto durante il Corso la testimonianza della mamma di Carlo Acutis e in particolare la frase che lui diceva spesso “tutti nasciamo come originali, molti muoiono come fotocopie”: in un momento di riflessione ho capito che io stavo cercando risposte e soluzioni che mi potessero essere utili, e ho preso consapevolezza che in realtà non esistono soluzioni o risposte preconfezionate, che non esiste una vocazione o un’altra, ma che esiste La Vocazione, la mia Storia personale, l’Originalità di cui parlava Carlo, il riuscire ad essere pienamente se stessi in ogni istante della propria vita, rimanendo fedeli al proprio quotidiano, in università, con gli amici, con la famiglia, in ogni relazione e rimanendo ancorati saldamente alla mano di Dio!
Nell’ultimo periodo della mia vita e in particolare dopo il Corso ho iniziato a cercare di fidarmi per davvero e a non farmi bloccare più dalle mie pretese e aspettative sugli altri e sulle situazioni, ma cercare di accogliere ogni giorno, ogni situazione e persona che il Signore mette sul mio cammino come un dono, cercando di non avere la pretesa di volere capire tutto e subito, ma accogliendo ogni cosa, consapevole del fatto che Dio è dalla mia parte e vuole il mio bene.
Lorenza
«Andate dunque e imparate che cosa significhi: Misericordia io voglio e non sacrificio. Infatti non sono venuto a chiamare i giusti, ma i peccatori» (Mt 9,13). Sono queste le parole dolcissime che il Signore ha scelto per sigillare la mia esperienza al Corso Vocazionale del 26-31 dicembre. Uno stupendo quanto inatteso regalo di Natale che Lui aveva preparato per me, proprio nel momento in cui ne avevo maggiormente bisogno. Sono nato ed ho sempre vissuto ad Assisi, pertanto avevo molte volte sentito parlare della realtà del Sog e dei vari corsi tenuti dai frati. Tuttavia, non avevo mai sentito l’esigenza di parteciparvi, convinto che non si addicessero poi tanto al mio percorso di fede. Eppure era da tempo che sentivo la mia vita spirituale inaridirsi, avvitarsi su sé stessa, diventare triste e incapace di portare frutto per me e per gli altri. E mentre mi dimenavo tra i miei mille impegni e mi confondevo tra tante scelte professionali e di vita, il Signore ha permesso che mi potessi fermare per ascoltare la sua voce. La voce di un Padre che non desidera dei servi pronti ad obbedire ad ogni suo comando, ma dei figli che sappiano godere del suo amore, che siano capaci di gridare “aiuto!” per costringerlo a prendersi cura di loro. Un Padre che lotta affinché i desideri più profondi del mio cuore si realizzino, che combatte al mio fianco per la mia felicità. Un Dio che mi ha creato e che è contento che io sia qui, in questo mondo, che lui ha immaginato proprio con me dentro. Riascoltare queste verità, all’apparenza così banali ma in realtà così profonde, ha avuto un effetto liberante dentro di me. Senza accorgermene, negli ultimi anni avevo smesso di percepire l’amore di Dio per la mia vita. Ero probabilmente troppo assorto nei miei schemi religiosi, credevo di aver ormai colto l’essenziale della vita cristiana e cercavo di camminare su questo sentiero, intento a non deviare mai, a fare le cose “giuste”, convinto che nel compiere i precetti avrei trovato quell’acqua per saziare la mia sete di vita. Tutto ciò però non sta avvenendo, ed era una triste verità che non riuscivo ad ammettere. Il mio cuore ha iniziato a riposarsi solamente quando ha avvertito che non ero io a dover fare qualcosa per Dio, ma Lui che stava aspettando di fare qualcosa per me, ma io non gli davo il permesso, ero troppo concentrato su me stesso, sul comprendere cosa il Signore volesse da me per realizzarmi come cristiano, come persona capace di dare la vita per l’altro. Piano piano vedevo aprirsi una nuova prospettiva: Dio mi stava chiamando a lasciarmi amare per quello che realmente ero. Dovevo lasciar cadere quella maschera da “bravo ragazzo” che spesso indosso nei rapporti con gli altri e che stavo usando anche con Dio. Dovevo darmi il permesso di gridare a Lui con tutto il cuore, di amarmi anche nei lati più oscuri della mia personalità, nelle ferite della mia storia, nei miei fallimenti. Dovevo gettargli in faccia il calderone di rabbia ribollente che stavo covando da anni, ma che non potevo tirar fuori per “salvare la faccia”, per continuarmi a dire che “va tutto bene”, trattenendo il grido di dolore dal più profondo del cuore. Ho scoperto che potevo anche ribellarmi a Dio. Anzi, che lui proprio non aspettava altro perché voleva donarmi il suo conforto. E così è stato. Non appena mi sono dato il permesso di provare anche i sentimenti che stavo reprimendo con sdegno, ho sentito la grazia dello Spirito scendere dentro di me per consolare il mio cuore con una serenità che non provavo da molto tempo. Ho iniziato pertanto a mettere da parte quell’idea di Dio che mi ero costruito con il mio moralismo, con le regole da rispettare e le aspettative da compiere, per far posto alla sua vera immagine, quella del Cristo crocifisso. Quella di un uomo che sceglie di consegnare la sua vita nient’altro che per amore della mia. Stavo provando finalmente il sapore dolce di una liberazione. Potevo azzittire il giudice interno che continuava a puntarmi il dito da anni, perché ero contento di essere mancante. E Cristo mi stava aspettando proprio lì. Perché Lui cerca i malati e i peccatori, e non serve a nulla nascondersi dietro le solite maschere. Nella sua misericordia è venuto a stanarmi, a ricordarmi che sono un suo figlio amato, facendomi nascere un profondo desiderio di godere pienamente di questo immenso amore. Lo ha fatto attraverso l’abbondante e intensa predicazione dei frati e delle suore, fatta di parole ma soprattutto di volti gioiosi. E soprattutto lo ha fatto attraverso una stupenda esperienza di fraternità, insieme ad altri ragazzi e ragazze provenienti da ogni parte d’Italia, con il loro carico di storie mai banali. E lo ha continuato a fare una volta tornato a casa, nella vita concreta di tutti i giorni, donandomi – finalmente! – la gioia di rimanere al mio posto, di apprezzare le attività del quotidiano, senza sognare “fughe ai tropici” e senza volgere lo sguardo al passato con nostalgia. Credo che questo sia per me un nuovo inizio nel mio rapporto con Dio e spero di poter scoprire sempre più il suo sguardo d’amore mentre mi contempla come sua creatura. Senza cercare di rinchiuderlo nelle mie prigioni mentali, ma rimanendo aperto alla sua sempre sorprendente novità. Perché senza dubbio Lui vuole stare insieme a me per condurmi alla realizzazione dei miei desideri più profondi, e vorrà mostrarmi nel cammino un progetto d’amore, un terreno in cui la mia vita possa essere autentica e fiorire. Sarebbe proprio un peccato, in effetti, disperdere questo immenso tesoro in avventure di piccolo cabotaggio, sconfitti dalla paura di spiegare le vele verso il mare aperto per seguire la propria, personalissima rotta. Perché ognuno di noi è un pezzo unico nel puzzle della creazione ed io mi sento una gran voglia di “incastrarmi” in quest’opera meravigliosa.
Alessandro
Mi ricordo poche (ma grandi) cose del mio corso zero, come il ritardo pazzesco a causa del Flixbus che ha portato me e mia sorella a perdere le prime catechesi e a mangiare nel tavolo sbagliato, quello del gruppo servizio. Ricordo il ragazzo seduto davanti a me, che mi colpì perché aveva la mia stessa età (e la maglietta di un gruppo musical fantastico!). E quando qualche sera dopo, sentendo la voce di un frate che diceva che i ragazzi del servizio stavano pregando per me, ho alzato lo sguardo e ho visto quello stesso ragazzo, inginocchiato davanti al crocifisso, sono rimasta folgorata. Lui, di fatto, non mi conosceva, però stava pregando intensamente per me, quando io non riuscivo neanche a volermi bene. Era come se tutte le mie debolezze, i miei sbagli, tutto quello che io non mi perdonavo non avessero più valore. Nonostante tutto, anche se io non ne avevo le forze, anche se io credevo di non meritarlo, qualcuno stava pregando per me. Gesù in quel momento mi ha guardata, e un po’ mi ha canzonata; Lui avrebbe usato ogni strumento per raggiungermi, e per quanto io mi convincessi del contrario, il Suo amore potevo rifiutarlo ma mai deluderlo. Quando mi è stato proposto di fare servizio a mia volta, questa è stata la prima immagine che mi è venuta in mente. Ed è stato come se quell’immenso Amore si fosse risvegliato, e si agitasse in me perché mi riempiva così tanto che voleva strabordare. La cosa bella è stata la novità di questo sentire, perché mi lasciava completamente libera. Non si trattava di restituire un favore, o cercare di ripagare quanto avevo ricevuto, perché quell’Amore mi raggiungeva sempre e comunque. Però sentivo che sarebbe stato un furto privare qualcuno di quest’Amore. Fare servizio è stato come portare a compimento il corso zero. È vero che il corso è il punto di (ri)partenza, e le parole ricevute mi avevano stravolta. Però poi mi è stato difficile assimilarle nella vita di tutti i giorni, e il servizio mi ha svelato il perché. Ero così ripiegata su me stessa e le cose da correggere, che non andavo da nessuna parte ma sbattevo la testa sugli errori di sempre (alzi la mano chi non ne ha mai fatto esperienza!). Per me le giornate erano semplicemente un ciclo continuo di cose da fare. Ebbene, al servizio da fare ce n’è tanto, e spesso mi sono trovata a fare azioni che già svolgevo nel quotidiano, ma è cambiato il modo di stare in quelle azioni. Ogni momento era impastato nella Parola di Dio, e ogni azione, grazie a Lui, svelava tutta la sua ricchezza. La cosa bella del servizio era che si poteva fare solo insieme; insieme a Dio e insieme ad un gruppo, e lasciatemelo dire: che gruppo! Era semplicemente e straordinariamente bello! Caro Dio, lasciatelo dire, sei proprio bravo: hai creato delle meraviglie stupende, uniche e piene di doni. Grazie, perché hai armonizzato sapientemente le nostre personalità. Ero pronta, subito dopo il corso, a ritornare in Inghilterra a studiare e mi sono sorpresa a ripartire! Vado verso le stesse fatiche, le stesse persone, gli stessi luoghi e le stesse responsabilità, ma lo sguardo punta molto più in alto. Dopotutto, anche gli aerei quando piove volano più in alto, e sopra le nuvole splende sempre il sole. Cari ragazzi e ragazze a cui ho fatto servizio, ho tanto da ringraziarvi! Nei vostri volti, Dio risplendeva, e mi sono sentita privilegiata nel poter vedere i vostri occhi illuminarsi sempre di più, giorno per giorno. E quando è toccato a me, di pregare per voi, ho compreso che mi ero sbagliata, che in realtà i ragazzi e le ragazze del servizio mi conoscevano. Anche loro, come me, si sentivano piccoli, insufficienti, indegni. Non avevano altro da offrire a Dio se non sé stessi, e Dio ha amato tutto con la sua grazia. E quindi anche loro, per me, pregavano per abbracciare tutto di me, non nonostante le mie debolezze ma proprio attraverso esse. Cari ragazzi e ragazze, vi custodisco nelle mie preghiere. Non so voi come vi guardate, ma Dio non ha sbagliato se vi ha creati così come siete! ‘Dio ci ama sempre tramite qualcuno’, e per me voi siete stati quel qualcuno! Chiara

Una domanda che spesso mi sono fatto è “cosa mi manca per essere felice?”. Durante il corso Vocazionale e stando davanti alla croce, il Signore con docilità mi ha aiutato a riconoscere che se Gesù Cristo è già morto per me allora non mi manca nulla.
Recuperare la centralità della relazione con Dio è un dono grande che mi è stato fatto durante queste giornate e il segno che mi ha aiutato a riconoscere questo dono è stata la pace che il Signore ha posto nel mio cuore in questi giorni a partire dall’ascolto delle parole che ci sono state consegnate.
Sono arrivato al corso con la consapevolezza che nella mia vita avevo perso l’ordine delle cose, ma soprattutto avevo perso di vista l’Essenziale perché troppo preso dalla frenesia della vita quotidiana, dal fare, dal pensare, dal rispettare le scadenze.
Una certezza liberante che mi è stata consegnata è che il Padre non mi chiede di portargli dei risultati, di raggiungere obiettivi o di guadagnarmi il suo Amore. Mi chiede di stare a tu per tu con Lui. Vuole fissare lo sguardo su di me e mi chiede di lasciarmi amare. Vivere alla luce di questo mi sta permettendo di accogliere e godere del tempo donato senza essere proiettato nel futuro o ripiegato sul passato.
Fermarsi. Lasciarsi guardare. Lasciarsi amare.
Questa è una logica che richiede solo una cosa: rendersi disponibili.
Durante il tempo che mi è stato donato al corso, ho sperimentato che se consegno al Signore le parti di me stesso che non riesco ad accettare, allora Lui col Suo sguardo mi raggiunge. Se gli permetto di guardarmi e mollo le durezze del mio cuore, allora il Signore con il Suo Amore mi guarisce.
Le sento rivolte anche a me quelle parole che Gesù dice a Pietro: “Se non ti laverò, non avrai parte con me”. Nel momento in cui ho permesso al Signore di toccare le mie fragilità, allora ho potuto gustare dell’avere parte con Lui e del sentirmi amato. Spesso cerco di porre dei limiti all’Amore, ma Gesù vuole amarmi totalmente, fino in fondo e quando glielo permetto come ho sperimentato in questo tempo, allora la vita ha un gusto diverso che è quello della pienezza e della certezza che davvero non mi manca nulla.
Riconoscere e consegnare le piccolezze e le fragilità che mi abitano non è stato facile. Riconoscermi bisognoso mi ha fatto sentire piccolo e in questa piccolezza sperimentata, ricevere questo Amore mi ha fatto dire: grazie Signore per queste fragilità che mi fanno sentire amato!
In questo tempo credo di avere ricevuto uno sguardo nuovo su me stesso e soprattutto su Dio. Ora so che Lui desidera semplicemente stare con me e prendere parte alle mie debolezze se glielo permetto. Il resto è tutto dono.
Giosuè