Siamo Pietro, architetto, e Flavia, ingegnere, viviamo a Torino e stiamo insieme da 4 anni.
Alla fine del primo lockdown abbiamo sentito l’esigenza di vivere un’esperienza di fede insieme, per cui Flavia ha iniziato a cercare e si é ricordata che aveva sentito parlare del corso fidanzati ad Assisi.
Un po’ per mancanza di convinzione da parte di Pietro che era scettico ma curioso, un po’ per le condizioni avverse legate ai continui rinvii degli incontri in presenza causa COVID, alla fine dopo quasi un anno siamo riusciti ad andare.
Nel frattempo però era maturato in noi il desiderio di sposarci, per cui avevamo il timore che il corso non fosse più adatto alle nostra condizione attuale.
Ci sbagliavamo.
Per me Pietro l’impatto é stato, per così dire, “frizzante”. Infatti non mi aspettavo l’approccio dei frati così diretto e le loro catechesi così piene di verità, né tantomeno immaginavo di trovare tanto coinvolgimento.
Per me Flavia, invece, é stato come rientrare dopo tanto tempo in uno spazio dove poter respirare aria pulita.
Le giornate sono state intense e travolgenti, abbiamo sperimentato la bellezza della condivisione libera con gli altri, autentica e senza filtri. Per rendere l’idea con una similitudine che ci ha colpiti, eravamo come i raggi di una ruota che man mano che convergevano verso il centro, che é Cristo, si avvicinavano tra loro.
Uno dei tanti stimoli che ci siamo portati con noi é la volontà per Pietro, e la forza per Flavia, di “pretendere” sempre il meglio dalla nostra relazione e più in generale dalla nostra vita. Solo in questo modo possiamo lasciare spazio a Dio di potare i rami secchi e farci fiorire in pienezza.
Ora con molta determinazione ci sentiamo chiamati a testimoniare quello che abbiamo ricevuto. “Avete una luce diversa” ci è stato detto al corso e auguriamo a tutti di farne esperienza e di poterla sperimentare nella propria vita.

Buon cammino da Pietro e Flavia

Non era la prima volta che frequentavo un Corso ad Assisi: nel 2019 infatti avevo partecipato alla Marcia Francescana e avrei voluto partecipare quell’ anno al Corso Zero, ma imprevisti personali e Covid si sono combinati e quindi col passare del tempo ho lasciato un po’ perdere. Non so bene come esprimere il mondo interiore che vivevo nei giorni (e in generale nel periodo) prima della partenza: per usare un immagine, direi che dentro di me c’era un cuore freddo che non batteva da un po’, era tutto un po’ tiepido e insipido. Avevo bisogno di una svolta, di ascoltare una parola nuova; quindi, memore della precedente esperienza, sapevo che ad Assisi avrei potuto trovare quello che cercavo, che lí in qualche modo ci sarebbe stata una sorgente d’acqua da cui bere. Dunque sono partito parecchio fiducioso.
Inizialmente peró, nonostante percepissi chiaramente questa mia sete, ho mantenuto le difese belle alte: ho conosciuto i ragazzi che partecipavano a questa esperienza con me, ho ascoltato le prime catechesi, concentrandomi per prendere buoni appunti, ma lasciandomi solo sfiorare da ció che veniva detto. Cioé, tutto molto interessante (lo dico col cuore, perché le catechesi davvero meritano), ma a me sembrava in un certo senso di sapere già tutto e di aver imparato già come vivere certi contesti, perché sono nato e cresciuto in una famiglia cattolica, ho frequentato gruppi parrocchiali, frequento ambienti di chiesa da una vita ecc… ero cosí preparato che non vivevo un bel niente di quello che si diceva (in realtá non solo in quei giorni, ma anche in generale nella quotidianità) e ogni cosa, persona, parola era a distanza di sicurezza da me, perchè mi toccasse, ma non troppo!
Abbastanza inaspettatamente, la mattina del sabato, nella tappa di Gerusalemme (nel corso si vive il pellegrinaggio in sei città, ma questo te lo lascio spiegare meglio dai frati, quando spero vorrai vivere la gioia di questo corso), ho incrociato lo sguardo di Padre che mi ha rivelato oltre la sua presenza, anche il luogo dove mi ero nascosto e incatenato; ho abbassato la cinta muraria con cui mi ero protetto fino a quel momento e mi sono finalmente dato la possibilità di essere incasinato, di ammettere di aver completamente sbagliato obiettivi ed oltrettutto di aver anche in parte fallito quei pochi che mi ero prefissato; in questo arrendermi, in questo essere senza difese, ho potuto dire, come il ladrone affianco a Gesú “Ti prego ricordati di me, perché sto facendo del casino e da solo non ne esco” (è un esperienza tutt’altro che mistica t’assicuro). Dal sabato mattina sono partito finalmente con la testa e il cuore e quello sguardo e quelle parole che non lasciavano spazio ad interpretazioni sulla mia situazione e sulle mie ferite, dava anche con forza il coraggio e la via della ricostruzione. Ringrazio sinceramente per le persone che ho incontrato, perché sono passi che non sono sicuro sarei riuscito a fare da solo.
Tornando a casa queste consapevolezze ovviamente sono tutte da vivere; questo un po’ mi spaventa perché il rischio che rimanga solo una bella esperienza come tante é alto. Ma c ‘é anche questa possibilità: di incontrare davvero nella mia vita, nella mia realtà, la presenza vera di un Dio che non si è rifiutato camminare come me nel modo degli uomini e mi ama di un amore particolare e unico perchè sono suo figlio. Quello che veramente mi porto più dentro di questo Corso Zero è l’urgenza di vivere in prima persona questa promessa, questo amore sempre.

Davide

Perchè c’è qualcosa che resta nonostante tutto.
C’è qualcosa di nuovo, profumato di risurrezione, che è immune ai virus.

Si può ancora dire
grazie
Si può ancora vivere di
grazia
E tutto questo è
gratis

Cari giovani,

il Signore vi dia pace!

Ci è stato chiesto di condividere con voi quanto lo Spirito Santo ha suggerito e operato in questo tempo di pandemia da un luogo di particolare grazia, l’Ospedale Santa Maria della Misericordia di Perugia, dove, insieme ad altri tre confratelli, svolgiamo il servizio di cappellani.

E mi piace poterlo fare nel giorno in cui la Chiesa ricorda il centenario della nascita di San Giovanni Paolo II, uomo e santo con una predilezione speciale per i giovani. Predilezione che ha usato a me personalmente diventando strumento puntuale della rivelazione di Dio Padre nella mia vita di giovane in ricerca della felicità: “Cari giovani, è Gesù Cristo che cercate quando sognate la felicità!” (GMG Roma 2000).

“Responsabilità, solidarietà, sacrificio” sono stati i moniti giunti da ogni dove ad ogni singola persona in questo tempo di pandemia, ma a noi popolo e ministri di Dio anche “creatività pastorale” come suggeriva Papa Francesco!

Sono sicuro che ciascuno di noi ci abbia quantomeno provato, ognuno a modo suo nelle singole realtà che ci identificano: famiglie, parrocchie, movimenti, conventi…e di questo rendo grazie a Dio Padre insieme con voi per il dono della Perseveranza e della Fortezza!

“Ho scritto a voi, giovani,

perché siete forti

e la parola di Dio rimane in voi

e avete vinto il Maligno.” (1Gv 2, 14b)

Sono state settimane concitate qui in ospedale, specie agli  inizi, dove Perugia era l’unico ospedale covid in Umbria, arrivando ad avere un centinaio di persone positive ricoverate.

Lo smarrimento e l’apprensione sui volti del personale sanitario, sempre accompagnato da una tenace disponibilità al servizio; lo stravolgimento della organizzazione interna dell’ospedale nei reparti e nella assegnazione del personale, il non sapere “con cosa avevamo a che fare”; mascherine, camici di protezione, guanti, visiere, il non potersi avvicinare, toccare… solo la possibilità di intravedere gli occhi della persona che hai di fronte…

Già, lo sguardo…questo ha attirato la mia attenzione. Occhi profondi e attenti, occhi stanchi e impauriti, occhi che chiedono e gridano aiuto, vicinanza, preghiera, presenza, occhi che versano lacrime, occhi che sorridono e sperano!

Giorno dopo giorno la sensazione che in quegli sguardi ci si sostenesse a vicenda, consapevoli di avere un bisogno “naturalmente umano e divino” di non sentirsi soli, di restare in relazione, anche solo attraverso uno sguardo…compassionevole, amicale, solidale, profondamente umano e divino! Spesso nei Vangeli si sottolinea come lo sguardo di Gesù si posa su chi incontra o, viceversa, lo sguardo di uomini e donne che anelano scorgere, vedere Gesù di Nazareth, Gesù vero Uomo e vero Dio, per questo così attraente, che attrae a sé… “il cristianesimo funziona per attrazione” (Benedetto XVI).

Ho chiesto allo Spirito di donarmi “occhi nuovi”, di purificarli, a costo di molte lacrime versate, di poter essere io, umile e inutile servo Suo, il Suo sguardo che si posa su quanti incontro nei corridoi, nei reparti e nei letti dell’Ospedale…

Forse mai come in questo tempo lo Spirito ha suggerito di comunicare, di entrare in relazione, in comunione attraverso gli sguardi…anche per questo noi cappellani abbiamo deciso di intensificare lo sguardo contemplativo nella cappella dell’Ospedale: due ore di adorazione eucaristica quotidiana che diventano quattro il martedì e il giovedì con la possibilità anche di accostarsi al sacramento della Riconciliazione…

Spesso sono state ore di silenzio e solitudine, condizioni necessarie per deporre “sotto lo sguardo” di Gesù Cristo quanti incontriamo personalmente e quanti ci chiedono di presentarli e ri-cordarli, portarli al cuore Suo…

Solo così “andrà tutto bene”, solo così la Vita continua, con la “V maiuscola” che dice non solo la vita biologica ma La Vita nello Spirito, e continua anche, anzi soprattutto, al tempo della pandemia…e noi cappellani abbiamo il privilegio di sperimentarlo in uno dei luoghi di maggior grazia, dove la vita e la morte “ogni giorno gridano tra i vagiti e gli spasimi”, per dirci la gravità e il mistero della nostra esistenza… pro-vocandoci a riconoscere che il tempo presente è dono e occasione per scorgere i segni della Passione – Morte – Risurrezione di Gesù Cristo, Pasqua definitiva alla quale ciascuno è chiamato per entrare nella Vita che non ha fine e godere pienamente l’incontro, occhi negli occhi, col Padre e il Figlio e lo Spirito Santo! Amen!

Vi abbraccio e benedico di cuore, affinché il Signore volga su di voi il Suo sguardo,

fra Gianpaolo.

Cari amici,
il Signore vi dia pace.
Desideriamo raggiungere con queste parole tutti giovani che frequentano Assisi, la Porziuncola e i nostri santuari.
Tutti i giovani che hanno frequentato i corsi del SOG e tutti coloro che seguono le nostre iniziative.
“Non lasciatevi rubare la Speranza” (papa Francesco).
Abbiamo una certezza che non ci sarà mai tolta: Dio abita con noi!
Nello sconforto, nella confusione, Dio abita con noi. Nell’isolamento, nella quarantena, Dio abita con noi. Nella malattia? Dio abita anche lì.
E se Dio è con noi allora possiamo rinnovare questo tempo di prova che tutti viviamo. Trasformiamo la solitudine in solidarietà! La noia in novità! La paura in fede!
Questo tempo di vuoti, Chiese vuote, strade vuote, scuole vuote, riempiamolo di nuovi legami, nuove relazioni, modi nuovi e creativi di prendersi cura dei più deboli.
Quando la noia e lo sconforto prevalgono, ruba una bella notizia, legati alla Parola di Dio: lì c’è il segreto della novità!
Quando la paura diventa amica fedele: disobbedisci! La fede fa camminare sui mari in tempesta sfidando la paura, come è accaduto a Pietro; la fede ti mette in cammino vincendo la paura di sbagliare strada, come Abramo; la fede ti fa attraversare i deserti, ma non ti lascia lì, perché deve portarti dritto verso la Terra Promessa, come può raccontare il popolo di Israele.
Noi frati, da qui, dalla Porziuncola vi custodiamo ogni giorno con l’adorazione Eucaristica e nella celebrazione della Messa.
Come Mosè intercedeva per il popolo di Israele, tenendo le braccia levate al cielo, così ci impegniamo noi frati, a pregare per tutti voi.

Per questo chiunque volesse consegnarci delle intenzioni di preghiera, può scrivere alla nostra mail corsifratiassisi@gmail.com.
Per chi può inoltre, può collegarsi tutti i giorni, tramite la Web-TV, per seguire l’adorazione la preghiera della liturgia delle ore, il rosario e la celebrazione eucaristica.
Questo è il nostro abbraccio dalla Porziuncola. Siate testimoni della novità di Cristo. C’è un mondo isolato che attende un segno di speranza, un fuori schema, siate voi questo segno! Se così vivremo, questa è già la Pasqua!
Solidarietà, novità e fede!

I frati del Servizio Orientamento Giovani

 

Carissimi,

pace a voi!

In tanti ci avete raggiunto per il Capodanno 2020 GRIDA LA VITA! Grazie alle catechesi, alla testimonianza di unabellissima coppia (Alessandro ed Elisabetta), alla festa, alla fraternità, siamo entrati nel nuovo anno ringraziando Dio con l’Eucarestia. Il Signore che conosce i cuori continui a colmare di frutti la vostra vita! Vi ringraziamo per i giorni trascorsi insieme e nel frattempo condiviamo con voi qualche video della serata…

Giovani e missioni: tra aspettative e realtà

“ sarò nel posto giusto?”

“ avrò veramente capito il significato di missione?” “ non conosco nessuno, farò amicizia?”
Queste sono solo alcune delle domande che mi sono posta non appena ho premuto il tasto invia del mio messaggio di conferma della mia partecipazione al corso giovani e missione.
Sono Giulia e ho sempre desiderato partire per una missione, ho sempre sognato l’Africa e ho sempre sentito dentro di me una grande energia ogniqualvolta si parlasse di tutto ciò. Sono venuta a conoscenza di questa opportunità tramite alcuni amici che lo avevano frequentato qualche anno fa. Ho iniziato questo corso un freddo Venerdì di Novembre, dopo le prime presentazioni ci è stato chiesto quali fossero le nostre aspettative relative al corso.
Ero abbastanza agitata, spaventata di non essere all’altezza e di aspettarmi cose diverse dagli altri. Ti svelo un segreto: RILASSATI, non esistono aspettative sbagliate o giuste, non esistono risposte corrette e risposte errate, esistono semplicemente le TUE aspettative e soprattutto, nessuno ti giudica.

Questo corso è un viaggio dentro di te che ti permette semplicemente di capire se partire è la tua strada,
se il tuo grande desiderio può portare frutto buono. Durante questi fine settimana ho potuto sperimentare l’amicizia, la condivisione e l’ascolto. Ho potuto in più occasioni dialogare con persone che hanno fatto scelte di vita completamente opposte alle mie, confrontarsi è stato bellissimo e molto arricchente. Inoltre questo corso mi ha permesso di far crescere il mio rapporto con Lui. Nella frenesia della vita quotidiana è raro che io riesca a trovar molto tempo da dedicare a Dio.
Alla fine del ciclo di incontri, dopo essersi confrontati, i frati consegnano ai partecipanti al corso un mandato. Per quanto riguarda la mia esperienza posso dire che è stato il primo momento reale in cui ho sentito concretizzarsi qualcosa che prima era solo un sogno, un’ ipotesi, insomma qualcosa di lontano da me. In quel momento guardi i tuoi compagni di corso, di avventura e puoi leggere nei loro occhi la tua stessa agitazione, le tue stesse speranze, i tuoi stessi pensieri. Io sono stata “ affidata” alla missione in Uganda. Fino a quel giorno non sapevo quasi nulla di questa terra meravigliosa e ora, a distanza di qualche mese posso dire che è diventato uno dei miei posti del cuore.

Un grazie speciale ai frati che hanno saputo gestire questo corso in maniera meravigliosa, un grazie ad Adriana che è stata una nonna, una cuoca ed una roccia. ( che poi e diciamocelo, pizze buone come le sue difficilmente se ne trovano.. per non parlare delle zuppe calde che di inverno scaldano corpo e mente)

Un ringraziamento anche ai miei compagni di avventura e soprattutto a Chiara: mia compagna di missione in Uganda.
Il ringraziamento più grande però va a Lui, senza il quale nulla sarebbe possibile.

Giulia.

“Il Figlio di Dio si è fatto nostra Via e questa,

con la parola e l’esempio,

ci mostrò e indicò il nostro beato padre Francesco”

santa Chiara d’Assisi

Da qualche mese è online il nuovo sito internet ufficiale della Federazione S.Chiara dei Monasteri delle Clarisse di Umbria, Sardegna e Trentino. La Federazione comprende in realtà altri monasteri sparsi in Italia e all’estero: Attimis in Friuli, Firenze e Lucca in Toscana, Scigliano in Calabria, Cademario in Svizzera, Gerusalemme in Terra Santa.

In particolar modo vi segnaliamo la sezione con le iniziative per GIOVANI dove è possibile trovare date per Ritiri, incontri, momenti di preghiera…

 

 

 

Hic. Qui. Quante volte rimbomba questa parola in Terra Santa: in ogni luogo a ricordarci qualche grande avvenimento e farci scoprire una parte di noi. Hic, qui, il Signore ha fatto qualcosa per me. Hic, qui, il Signore ha compiuto qualcosa dentro me.

Un pellegrinaggio, si sa, è metafora della vita. Ci si mette in cammino perché è un’esperienza che coinvolge tutto di te, magari in cerca di risposte a qualcosa che si sta vivendo, magari per imparare qualcosa, uscire da sé stessi ed entrare in qualcosa di più grande. Il mio cammino personale era cominciato un po’ di tempo prima, in cerca di risposte a qualche tempesta improvvisa che in breve tempo aveva devastato tutte le mie sicurezze, tutte le mie certezze che credevo di essermi costruito negli anni, lasciandomi deluso dalla vita, dagli affetti, dall’amore, dalla famiglia. Una serie di avvenimenti che mi avevano lasciato in eredità un cuore di pietra, freddo, insensibile, apatico. Ma per mia fortuna non ho mai smesso di interrogare il Signore di tutte quelle croci che mi sembravano così ingiuste e così, di fronte alle difficoltà, mi ha detto di ripartire verso le profondità… ecco che è arrivata, come un dono grande, la proposta della Terra Santa.

Sentivo dire dai frati che si va in Terra Santa per ricevere un cuore di carne, cioè imparare ad amare come Lui ci ama. Chiedevano: ma tu il cuore di carne lo vuoi veramente o stai comodo col tuo cuore di pietra? Ero davvero sfiduciato e, forse, spaventato… Eppure, sentivo forte dentro di me il desiderio di partire. Come se Dio mi stesse chiamando là, per fare verità, là forse avrei trovato qualche spiegazione; come se le mille tempeste che erano arrivate all’improvviso nella mia vita dovessero condurmi là, per vedere di persona tutto ciò che Dio aveva fatto e preparato per me.

Sono salito a Gerusalemme per poter entrare nel Suo Santo Sepolcro, toccare il fondo e uscirne rinato. Per concludere questo percorso nelle profondità di me stesso. Sono arrivato a Gerusalemme, dopo la mia piccola Via Dolorosa, per risorgere, per crescere. Sono andato là per tornare a credere nell’amore. Per tornare non più frammentato, non più insipido. Sono andato là intenzionato ad offrirgli quel mio cuore ferito, indurito, spaventato. Per chiedergli di accoglierlo e donarmene uno di carne, pulsante, pur con le cicatrici. Sono salito a Gerusalemme per rendere grazie al Signore per essersi inventato ogni modo per condurmi a Lui e per la vita nuova che già mi dona.

Prima di partire avevo paura di non essere pronto a un viaggio di questa portata, paura che non sarei stato in grado di provare abbastanza emozioni, di cogliere tutto. Che ci vuoi fare, la mia mente vorrebbe sempre calcolare tutto, poverina… Non è ancora abituata al fatto che Dio non fa mancare nulla.

E infatti là il Signore mi ha fatto sperimentare mille emozioni, tutte quelle che l’uomo è in grado di provare nella sua umanità e spiritualità. Là ha stimolato ogni mio senso, ogni mia capacità di venire a contatto con il mondo esterno e con il mio mondo interno. Mille colori, mille profumi, mille sguardi, sorrisi, volti. Culture e costumi diversi, etnie diverse, fedi, età, storie diverse. Ma la stessa terra, la stessa umanità. La stessa ricerca di un qualcosa di alto, di potente, di totalizzante. Mille contraddizioni, mille conflitti, mille tensioni. Eppure una bellezza misteriosa avvolge quel fazzoletto di terra e la città di Gerusalemme. Il suo fascino assale completamente: veramente santa è quella città. Un crogiolo di anime riunite al centro del mondo. Ti rendi conto di quanto sia vasto il mondo e la cosa meravigliosa è che ne fai parte anche tu, io! In quella realtà complessa e affascinante ogni posto ha qualcosa di speciale. Abbiamo un Dio che ci vizia alla bellezza, alla grandezza. Viene la tentazione di rimanere lì, a contemplare quei luoghi santi, di non discendere più, come gli apostoli sul Tabor, stupefatti di cotanta bellezza. Tutto profuma di Dio. Il paesaggio trasuda immensità. E ti senti amato nella tua piccolezza. Come rimanere indifferenti, ad esempio, a Nazareth, dove tutto ha avuto inizio? Di fronte alla casa di Maria, il posto in cui Dio, grazie al Sì di una ragazzina, ha deciso di entrare nella storia dell’uomo e farne una storia di salvezza? Che mistero, che umiltà, che potenza. Come rimanere impassibili nel deserto, luogo non di solitudine, ma di compagnia perfetta, intima con Dio, dove ci parla diretto al cuore? E poi Betlemme, da cui Dio accorcia definitivamente le distanze dall’uomo. Noi che ci emozioniamo davanti alle case natali dei personaggi illustri, come non emozionarsi davanti al luogo natio della persona che più ci ha amato al mondo donandoci la sua vita? Come non sentire i battiti a mille in quella grotta? E proprio da lì, a Betlemme, in Palestina, nel posto a me più inimmaginabile, mi è capitato anche di dover fare un colloquio via Skype (e essere preso!) per un posto di lavoro che tanto sognavo. Come non sentirsi inondato di gratitudine il cuore? Le parole non bastano a descrivere la grazia di quei luoghi.

Ma il luogo che più mi rimane nel cuore, il mio santuario, è il Lago di Tiberiade (Lc 5, 1-11). Sono rimasto affascinato dalla figura di Pietro, uomo del fallimento. Proprio nel momento del suo fallimento entra Gesù: non lo consola dopo la pesca andata male, ma dice di riprovare, di gettare nuovamente le reti. Non obbedire ai tuoi fallimenti, obbedisci alla proposta di Dio. Nelle delusioni, nelle debolezze, non disperare: Dio è alla riva che ti aspetta. Rimane certo la fatica, ma nel cuore non c’è più l’amarezza. Gesù non ti chiede di fare cose che non sai fare, di cui non sei capace. Ti chiede solo di farle con la consapevolezza, d’ora in poi, che Lui è con te. Quelle tempeste non le ha mandate a caso. Povero e ingenuo me, quando volevo capire nel frastuono. Mi ha fatto fallire per avvicinarmi a Lui, come ha fatto con Pietro; ha fatto in modo che in me si creasse una spaccatura per entrare nel mio cuore e donarmi una gioia nuova, ancor più piena. Allora impari a rileggere la tua vita e a domandarti: a quale amore più grande mi sta chiamando Dio? Dove mi sta chiedendo di gettare nuovamente le reti? L’importante è avere fiducia.

Veramente santo è quel viaggio. Là, in quella Terra, ho veduto l’amore di Dio per l’uomo, per me; ho capito cosa desidera da ogni uomo, quale vuole sia la sua missione verso l’altro. Mi ha fatto vedere che l’amore può vincere, mi ha mostrato che veramente sono amato e che grandi cose in me può fare il Signore. Davvero è stato un viaggio pieno di vita. E la cosa buffa è che tutto ruota intorno a un sepolcro, una tomba. Vuota! Sconvolgente. Arrivi nel luogo culmine di tutta la religione cristiana, al Suo Sepolcro, e nello spaesamento più totale realizzi che veramente il Signore non è più lì. Nel posto in cui più pensi di trovarlo, di sentirlo, Lui non c’è. Cristo è risorto, è veramente risorto! E capisci allora che non si risorge se salti la tua croce: non può esistere Pasqua senza Venerdì Santo. Se hai il coraggio di andare oltre il calvario e di entrare nel tuo sepolcro scoprirai che è vuoto. Non c’è più sconfitta, solo vita. Da quel Sepolcro mi sento rinato, da quel Sepolcro ho dato senso e compimento alle mie croci. E le benedico quelle croci, perché senza di esse la mia conoscenza dell’amore vero sarebbe limitata. Quanto mi hanno fatto crescere quelle croci! E quanto bene hanno fatto alla mia fede. Dal buio più totale di un annetto fa al sorriso gioioso che niente e nessuno riesce a togliermi adesso. Sono entrato a Gerusalemme col desiderio di essere guarito, desideroso di mangiare la mia Pasqua, il mio cambiamento, con il Signore. Credo di esserne uscito dalla porta di chi ha rimparato a credere nell’amore, dopo le ferite e le delusioni familiari e affettive, perché ha veduto l’amore vero.

Ma la parte più difficile, come sempre, è il ritorno al quotidiano, nella mia Galilea. Sono tornato a casa con tante domande, forse più di quante ne avevo prima di partire, e qualche dubbio su cui far discernimento. Troppo amore mi ha confuso le idee. E quando arriva l’amore di Dio ti senti trafiggere il cuore. Come fai a tacere l’amore che ti ha salvato? Dio non cancella mai i tuoi sogni, li amplifica. Finora non ci avevo capito niente.  Spero di riuscire ad emanare la luce propria che scaturisce da chi Lo ha incontrato e che profumi di vita, portando gioia ovunque sia con un sorriso da risorto sulle labbra. Perché questo sono: un risorto in Lui. E getterò nuovamente la rete, fosse anche a destra o nella maniera più assurda che mi indicherà, fiducioso che il raccolto sarà abbondante. Possa essere il mio obiettivo quotidiano quello di far diventare il suolo che calpesto ogni giorno terra santa, perché hic, qui, sia il Vangelo. Affido a Dio la mia giovane vita: che io sappia ascoltare e fare la sua Volontà senza paura. Perché dopo aver sperimentato tanta pienezza non ci si può più fare sconti, non ci si può più accontentare del superfluo e si deve avere il coraggio, quando necessario, di dirsi “tutto qui?” per poi prendere il largo, verso orizzonti più alti. Non mi resta che continuare il cammino e vedere: sarà bello scoprire cosa si è inventato per farmi strumento del Suo amore.

Rendete grazie al Signore perché è buono, perché il suo amore è per sempre. (Sal 136)

Sabino

Sono due occhi e un volto a salvarti.

Gli occhi che hanno salvato me sono neri, hanno la dolcezza profonda di un velluto, e ridono, buoni e mansueti. Ridono come non ho mai visto ridere nessuno, né niente. Hanno la luce di una fiducia che straripa, e brillano di una gioia che rapisce e incanta. E che commuove.

Ad Assisi la Grazia si è rivelata a me come in un colpo di fulmine, negli occhi una ragazza emiliana.

Mi hanno accolta, smarrita – io ero morta, e non lo sapevo – al mio arrivo, nei corridoi della Domus. Eravamo cinque in camera, ma lei era stata messa lì per me. Aveva un dono per me, lei era una Parola di Dio per me: è stato chiaro dal primo istante, e lo ha confermato solo l’ultimo giorno, raccontandomi nel sorriso, un attimo prima di salutarci, la storia dell’Amore che dalla morte l’aveva portata alla vita. Intanto, era stato l’Amore stesso a prendermi per mano, e a mostrarmi la gabbia – la tomba – dentro la quale mi ero rinchiusa da sola. E l’Amore ha iniziato a tirare fuori anche me.

Perché di Amore si tratta, sempre, e l’Amore – che è il nome che Dio vuole per sé – lo sapeva che nessun altro linguaggio io avrei compreso, e quindi con l’amore mi ha incantata per portarmi alla vita. È stato un amore a parlarmi di Assisi. Un amore piccolo, umano e sbagliato, dal quale mi ero lasciata fare un male enorme: gliel’ho permesso io, di trattarmi come se fossi niente, perché io niente credevo di essere. Eppure – che fantasia che ha il Signore – è stato quell’amore a senso unico a mettere in me la curiosità di Lui. Tante e tante volte, da sempre, l’annuncio di questo Amore grande aveva cercato ogni strada per raggiungermi, io lo vedevo, ma sempre gli ero sfuggita, perché pretendevo caparbia di potercela fare da me, di salvarmi da sola. E nessuno si salva da solo. Il Signore ha cercato di dirmelo in ogni modo: alla fine me lo ha fatto dire da un uomo che io amavo, non riamata. E allora, per amore, ho creduto. Lui mi ha lasciata, ovviamente – è la storia più vecchia del mondo – ma non è per la delusione che ho cercato aiuto in Assisi, non era il miracolo che volevo: ero sola, sì, ma il seme di questa curiosità si era scavato un posto nel buio in cui annaspavo, e pur credendomi pazza ho deciso di partire per quel posto dove l’uomo al quale elemosinavo un amore che non voleva darmi diceva di volermi portare. Non mi ci ha portata: mi ha portata in vacanza, e mi ha lasciata lì. Di punto in bianco, come Teseo con Arianna. Con le ossa rotte e il cuore a pezzi, ho però seguito la strada che diceva di voler dividere con me, e ora so che lui era la persona sbagliata, ma questa era la strada giusta. E sono così felice di aver preso questa gigantesca batosta, è stata la mia fortuna.

Ero persa, mi ero persa: ero in alto mare e stavo per affogare. Mi tremavano perfino gli occhi, mi tremava la voce, non riuscivo a sostenere la vita, non volevo farlo, mi nascondevo anche a me stessa, murandomi viva dentro una tomba. Al buio, e ferma, da mesi: non lavoravo più, non uscivo più, non volevo nessuno, né niente. Non so cosa stessi aspettando, forse che la morte passasse a prendermi, confermandomi finalmente che io a niente servivo. Ora so che un nemico, dentro, mi stava consumando le ossa. Banchettava di me. Non stavo vivendo, avevo abdicato alla regalità che appartiene a ciascuno perché ognuno è figlio di Re: avevo rinunciato alla mia eredità, convinta di non meritarla, e mi ero rinchiusa, letteralmente, da viva in una bara. Fuori la vita, fuori ogni tentativo, fuori tutti. La prigioniera ero io. E anche l’aguzzino.

Ho chiesto amore dove non c’era, ho mendicato vita a chi non voleva darmene, ho sepolto i miei talenti e la mia bellezza vivendo da esule, bestemmiando le benedizioni che io ho. Avevo bisogno di una sveglia potente, e l’ho avuta: appena arrivata al corso, la prima Parola annunciata, parlava di me. Mi ha accolta il Vangelo della Samaritana: una donna sfiduciata e persa, oppressa dal peso di aver fallito nell’amore, e quindi nella vita. Una donna che si nasconde, per vergogna e per tristezza. È il Signore della Vita a cercarla, cerca proprio lei, esce di strada per trovarla, fa un giro assurdo, in un tempo sbagliato, con la scusa non credibile di cercare acqua nel deserto, Lui che è il padrone dell’acqua viva. Lo stupore commosso e grato della straniera toccata dalla grazia e dalla speranza è stato il mio. Mai ho pianto tanto, e mai ho riso tanto, come durante i cinque giorni del corso Vocazionale. Ogni cosa, ora lo so, era stata pensata per me. Tutto ciò che era stato storto nella mia vita, e incompleto, e insufficiente, è stato ordinato perché da quel ceppo morto tornasse a nascere la vita. Ogni deviazione è diventata strada maestra, ogni ferita un’occasione: Lui non ha bisogno di fare nuove cose, preferisce fare nuove tutte le cose.

 

E no, nessuna magia è successa: nessuno pensi che con un passaggio in Porziuncola si possano trovare d’incanto le cose che mancano nelle vite di ognuno. Non ci sono contratti a tempo indeterminato tra quelle mura, né mariti, né mogli, né case, né posti fissi, né figli, né pane, né lauree: perché trovare quello che è in nostro potere trovare spetta a noi e al nostro impegno.
Ora sono in cammino, non posso nemmeno dire di aver imparato ad amarmi la metà di quanto Lui mi ama, né di aver messo ordine in tutti i casini che ho nella testa e nel cuore, ma finalmente so che se anche anche cadessi cento volte – e cadrò – il sorriso benevolo di un Padre mi tenderà la mano perché io torni a stare dritta sulle mie gambe. E a correre, perché se posso, devo farlo. In quei pochi metri quadrati di pietra c’è il Perdono, e c’è la strada verso la Vita. C’è davvero.

 

Amelia