La marcia francescana è un’esperienza che va vissuta, non si può raccontare fino in fondo in tutta la sua bellezza ed importanza, perché le parole pongono grossi limiti al terremoto che essa ti scatena nell’anima.

Sono partito senza aspettative…

Il primo giorno di cammino è stato durissimo: salite e discese frequenti sotto il forte caldo estivo mi avevano messo a dura prova e avevano suscitato in me un dubbio persistente e frustrante: “Ce la farò ad arrivare in fondo? O sarò solo di peso agli altri marciatori? Forse non sono abbastanza allenato… è meglio che rinunci, prima che mi accorga di non essere in grado e ne resti deluso?” Ho dovuto combattere con il mio io, con il mio voler capire tutto. Il secondo giorno mi guardo intorno e vedo volti sorridenti e felici… eppure anche loro stanno vivendo le mie stesse difficoltà!!

I miei compagni di marcia mi si avvicinano, ed io parlo con loro… sorrido, racconto, chiedo. So relazionarmi con loro, apro il mio cuore e anche loro iniziano a farlo con me. Ma contemporaneamente a queste relazioni belle che piano piano nascevano e crescevano, persistevano la fatica fisica e i dolori.

Dalla loro combinazione, da sotto la cenere, è cominciata a venire fuori un po’ di grinta… perché non si può mollare in salita! non si può mollare perché ti fanno male le spalle! Non si può mollare e lasciare indietro il compagno che è accanto a te!

Tutto ciò, è diventato la mia quotidianità e senza che me ne accorgessi, lentamente mi ha scongelato il cuore, fino a comprendere quanto io sopravvivessi anziché vivere. Consapevolezza che non mi ha lasciato indebolito, non mi ha fatto sentire vulnerabile, perché gli altri sono in fondo come me, affaticati, sudati, sporchi e con il peso del loro zaino sulle spalle e nel cuore. E’ stato inevitabile! Ci siamo riconosciuti gli uni negli altri e questo è stato risorsa, consolazione, forza, abbraccio, accoglienza, COMUNIONE! diventa lo specchio dell’Amore di Dio, esperienza che si fa attraverso i fratelli che non può essere immaginata né descritta appieno ma che ti dà Vita.

Ad un certo punto del cammino la fatica non è più fisica, ma interiore, e vai avanti perché accanto ai fratelli si può entrare anche nei luoghi più spaventosi e affrontare i tratti di strada più difficili senza timore! e che gioia quando insieme a loro riusciamo a raggiungere l’obiettivo! Si può camminare controvento, si possono portare dei pesi, si può condividere, si possono trovare strade diverse, si può attraversare il buio per vedere di nuovo la luce!

Sono arrivato ALLA PORTA DEL CIELO, con occhi nuovi e non rimpiango quelli vecchi. L’ho attraversata tenendo per mano  quella che è diventata una famiglia con cui camminare, l’ho attraversata sentendomi infinitamente piccolo e bisognoso della Misericordia di Dio, l’ho attraversata con una voglia infinita di gridare: “VOGLIO RICOMINCIARE DA ZERO”, l’ho attraversata con una sete di affidamento, di cura e protezione dalle mani di Colui che tutto può.

La Marcia mi ha condotto in territori che non immaginavo. Mi ha insegnato tantissime cose nuove e me ne ha fatte riscoprire altre che avevo dimenticate. Mi ha aiutato a capire cosa andava conservato e custodito e cosa invece  era necessario  LASCIARE per proseguire il cammino.  la strada è lunga.. ma confido in Colui che FA NUOVE TUTTE LE COSE, perché mi ha regalato occhi nuovi per vedere, un cuore nuovo per sentire.

Vincenzo

“Ma dove sei stata?” “Cos’è la marcia?” “Come stai ora?” “E’ stato difficile? …E Dio?”

Quante domande nei cuori di chi ci conosce e, forse, ci ha solo visti in foto o nei cuori di chi ci ha visti passare tra le vie del proprio paese…

Sono sicura però che le domande ci sono anche nel nostro cuore e proprio questo nostro interrogarci ci rende vicini. Dunque, sì, le domande ci sono e sono in abbondanza, ed io da sola, se vi dicessi solo quello che sentivo o provavo non sarei veritiera perché, come ogni cosa, assume significato solo se la si guarda dall’alto, con uno sguardo di comunione…

Infatti, la marcia siamo NOI, trecento giovani, da tutta Italia, e non solo, arrivati senza sapere cosa ci aspettasse davvero, dove avremo dormito, cosa avremo mangiato o quanti chilometri avremo marciato; sapevamo solamente che eravamo lì per Dio, chi perché lo aveva già incontrato, o così credeva, chi perché lo voleva incontrare, chi perché ne voleva riscoprire il volto e chi per dirgli quello che non aveva mai avuto il coraggio di confessargli. Poi, sapete, oltre a noi e alle nostre volontà, c’era, e c’è, un AMORE grande, che ci sceglie prima che noi ce ne possiamo render conto.

L’Amore ci ha uniti un poco alla volta nei piccoli gesti, nel presentarsi, nelle file, nel non arrabbiarsi, nelle risate e nei silenzi… E non ci ha mai lasciati soli… Sempre una mano, un volto, un sorriso o un abbraccio ci ricordava la nostra natura: il nostro essere AMATI, non giusti o sbagliati ma semplicemente amati.

Anche mentre camminavamo l’Amore c’era, anche se non ce ne accorgevamo perché soffocati tra i nostri pensieri nel silenzio o mentre inciampavamo nelle solite nostre ferite; bastava alzare lo sguardo: Lei, Maria, era lì che ci apriva il cammino, alle nostre spalle sempre qualcuno era pronto a sorreggerci, e tutto intorno a noi il creato che, coi suoi doni, non aspettava altro che noi ne gioissimo. Quando le salite si sono fatte più dure l’Amore ha cambiato sapore, si è fatto sudore, dolore, si è fatto bisognoso e ci ha resi tali, si è fatto mano che ti stringe, abbraccio che ti rialza, lacrima di chi non si vuole arrendere e zaino da condividere perché troppo pesante.

Questi giorni insieme sono stati una rivoluzione silenziosa dentro di me e mi scuso con tutti e con Dio se le mie parole non ne rendono la magnificenza. Io dalla vita ho sempre chiesto emozioni forti, esperienze inequivocabili e invece in marcia ho assaporato una straordinaria ordinarietà che mi ha tolto le parole e mi ha lasciata col cuore pieno di gioia e speranza…

Perché amici cari, a Gesù Cristo, a colui che ho chiamato fin ora “Amore”, non interessano tutte le cose che facciamo per farci belli agli occhi della gente, non interessano i nostri sbagli, i nostri errori o le cose che vorremo nascondere anche a noi stessi; a Lui interessa quanto amiamo! 

Dopo questa marcia ho compreso che sono umana, che posso sbagliare e cadere perché sono fatta di carne, di paure e di insicurezze… Ma nonostante tutto, al di sopra di tutti i miei pensieri c’è chi E’ PIU’ FEDELE di me, di te e di tutto il mondo che ci ha sempre ferito.

Lui lo sa che non sono perfetta ma non si sofferma sul mio limite, anzi proprio sul mio essere creatura fonda il suo Amore e mi promette la Felicità, quella che non finisce e non mi lascia insoddisfatta alla fine…

Mi guardo intorno… tutto ciò che ho mi è stato donato gratuitamente, VIVO E SONO AMATA anche quando non me lo merito o non me ne rendo conto.

Ora, dopo tutto ciò, so che Lui mi ha liberata dalle mie paure, dalle mie insicurezze e mi è vicino. Proprio quando io sono debole, quando temo di non sentirlo al mio fianco, lì Lui mi dimostra la sua fedeltà. So che non mi deluderà perché mi conosce e Lui non si dimentica di chi ha scelto.

Dunque sì, voglio ricominciare da zero, ogni giorno, con Lui e coi miei fratelli… Sempre in cammino con i piedi sulla terra e con gli occhi al cielo! 

Francesca

Non so come s i possa esprimere per iscritto l’incontro personale con Gesù, perché sintetizzare una cosa così grande, profonda e intima, immensa oltre i confini umani non si può. Ma mi è stato ribadito più volte che Dio ha fiducia in me e allora credo che anche adesso si stia fidando ciecamente di me e di ciò che racconterò.

Solo per grazia ho detto “sì” a Mariangela, preziosa amica che, ormai quasi due anni fa, mi proponeva i corsi ad Assisi. Avrei potuto anche dire no, sarebbe bastato cambiare una consonante e una vocale. Mi sono fidata della sua profondità. Percepivo qualcosa in lei, un rapporto con Dio profondo, vero e concreto, che era oltre quello che avevo sempre conosciuto: una “sana invidia spirituale” la chiamo io. Lei mi diceva: “Ci sono i frati lì che fanno le catechesi…” e io non sapevo nemmeno cosa significasse la parola “catechesi”.

Ma basta anche un solo spiraglio di disponibilità, quasi insignificante e Dio ne approfitta per entrare e stravolgerti completamente tutto, renderti la vita piena, riempirti d’amore e farti andare oltre confini che mai avresti superato. Tutto ciò nel suo modo, all’inizio incomprensibile e difficile per me, ma poi evidentemente più bello e profondo.

Inizio i corsi “ Amare come”: ogni due mesi Gesù mi aspetta lì ad Assisi. Ha da dirmi tante cose forti, dolorose, profonde e liberanti e io continuo come attirata da una calamita a scendere ad Assisi e ad ascoltarLo. Guidata da chi ne sa più di me, mi lascio portare su strade nuove. Decido di fidarmi e obbedire. Si fa sul serio, ho deciso!

Alla Marcia francescana mi immergo nel perdono, anzi, nel Perdono. Sono stata perdonata per tutto il male fatto in 25 anni di vita. Peccati cancellati per sempre: non pesano più sul cuore. Semplicemente non ci sono più. La sento questa gioia, questa liberazione finalmente! Mi innamoro di questo Perdono, di tutta la dolcezza di un Dio che si inginocchia ai miei piedi, me li lava, li bacia così sporchi e polverosi, feriti, callosi e gonfi.

Chi si è mai abbassato a baciare le tue sozzure, a prenderle in mano e a portarle via da te, a toglierti il peso del male fatto e a continuare ad amarti follemente quando a sbagliare sei tu, ad amarti sempre? Chi mai nella vita ti ha dimostrato questo? Dimmelo! Solo un dio può, l’uomo non regge. E questo è Dio con il suo infinito dolcissimo amore per te e per me. E io me ne sono innamora!

Ma Gesù concreto l’ho incontrato nel dolore. Non l’avrei mai creduto perché, sai, finché sei nella gioia piena, finché tutto fila liscio e sereno, Gesù lo vedi bene nella tua vita, per forza! Ma quando i tuo i progetti vengono rigirati senza darti respiro, quando quel momento che tu già classificavi mandato dal cielo si sgretola piano piano e in maniera inevitabile, quando il dolore è grosso entra nel cuore e non lascia spazio a niente, quando invade semplicemente tutto e tu non ti riconosci veramente più (eppure sei stata una persona sempre solare, positiva, combattiva e ottimista anche nelle situazioni meno belle e ridenti della vita) alloratutto quelloche saidi Diocrolla rovinosamente! Quasi non Lo riconoscevo più quel Dio buono e misericordioso che mi aveva invaso con il suo Amore alla Marcia. Le certezze che fino ad allora avevano sostenuto la mia fede non mi davano consolazione. Ero arrabbiata perché io stavo male, non ci stavo capendo più niente: Dio si era dimenticato di me! Passavano i mesi e continuavo dentro al cuore a stare male, a non avere la mia serenità e non avevo voglia di vivere così, proprio no!

Eppure, in fondo all’anima, sepolt a tra le lacrime c’era la certezza che solo Dio mi poteva aiutare. Restava salda sotto tanti colpi, e se rimane vuol dire che è la verità. Ero annientata e Dio mi voleva così, per mostrarmi che Lui, solo Lui mi avrebbe riportata su, che Lui non mi aveva dimenticata, anzi aveva sempre avuto cura di me. Non mi aveva lasciata da parte: l’ho capito quando mi sono resa conto che, pur non facendo niente di diverso o particolare, io stavo meglio. Non è magia, è Dio, è Grazia.

Riconoscerete che io sono il Signore quando aprirò le vostre tombe e vi risusciterò dai vostri sepolcri, o popolo mio” (Ez. 37, 13).

Mi ha invitata a Casa Sua, in Terra Santa, dove la concretezza di Gesù, della sua umanità uguale alla mia, della sua vita scritta su ogni sasso e ogni grotta, su ogni ritaglio di cielo e ogni profumo di quella

terra, ti dice che Gesù è stato lì, Dio è stato lì. Voleva calarsi nella condizione umana, nei miei dolori, prenderseli e tirarli via da me, lì sulla croce e dirmi che questo lo farà sempre, finché dura la mia vita su questa terra. Non puoi non credere. Lì non puoi cedere al dubbio. Al Santo Sepolcro, al centro della vita lo senti, lo vedi il dolore di Gesù, di un uomo, le lacerazioni della flagellazione, la fatica, la paura, il cuore che batte, i pianti, i chiodi, le corde, l’agonia. Quasi un disperato grido di Dio che ti chiede, inchiodato sulla croce, ancora non morto di dolore per te: “ per pietà, fidati di me, son qui solo per te, mi credi?”. Allora puoi solo inginocchiarti e credere, perché un Uomo che soffre così per te e per me, sta soltanto dicendo : “ Io ti voglio amare per sempre. Posso?”.

Non posso più negare che quella tomba è vuota! L’ho vista con questi occhi, l’ho toccata, baciata e annusata. E lì Gesù non c’è! Lì Gesù non lo senti perché non c’è!

Non è qui. E’ risorto!” ( Lc.24,6)

Non vedevo l’ora di tornare e vedere dov’era Lui a casa mia, di scoprirLo Risorto tra le mie magagne quotidiane, le mie noie, le arrabbiature, gli sbagli, le angosce e le infedeltà. Perché a Gerusalemme in quella tomba non c’era. E allor a dov’è? Ovunque sono io, l ì c’è Lui e sempre mett e qualcosa di buono nel male che c’è. Sempre. Con i suoi tempi, diversi da quelli che pretendo io.

Ma, fidati: più Lo frequenti, più Lo conosci, più inizi a capirLo. Come qualsiasi normalissima relazione di diverso c’è che, in più, di Lui te ne innamori…inevitabilmente.

Ecco, i o così l’ho conosciuto Gesù: vivendo libera la mia vita. L’ho cercato nella libertà e nella libertà Lui mi ama.

Dio è Amore sempre, anche quando tu non ci credi…ti piaccia o no!

 Anna Graziella

Corso zero: “per ricominciare un cammino cristiano”, dicono. Ricominciare

Si, effettivamente ho bisogno di ripartire da zero con Dio, mi sono resa conto di non averci mai capito più di tanto. Fino a poco tempo fa il mio andare a messa era “perché lo dice mamma”, o per incontrare i miei amici, o perché in qualche modo mi sentivo in colpa a non andarci.

Sentivo, però, di avere un vuoto immenso. Non riuscivo più a stare così e volevo, anzi, dovevo fare qualcosa! Perché non provare con questi frati, allora? Buttiamoci… in questo mondo di pazzi, ma pazzi di Dio!

Avendo fatto, poco tempo prima, un altro corso sapevo (o almeno così pensavo) a cosa andassi incontro, ma non potevo mai immaginare una cosa del genere. Momenti di gioia, tristezza, imbarazzo, serenità, ansia, paura, rabbia e felicità. Prima di partire pensavo: è impossibile ricominciare un vero rapporto con Dio in soli quattro giorni, e poi ti pare che possa succedere proprio a me? Così mi sono presentata al corso pessimista, incredula e dubbiosa, ma affamata di qualcosa di più grande e (più o meno) fiduciosa di poterlo trovare lì, nell’amore di Dio.

Io voglio essere felice!

“Solo chi si sente amato è felice e la felicità la trova solo chi ci crede veramente“.

La prima catechesi inizia così. Fantastico! Iniziamo benissimo!

Ho i genitori, i parenti e tanti amici, eppure avevo un vuoto d’amore. Come faccio ad incontrare questo Dio allora? “Questo Dio che ama di un’amore immenso, incondizionato e gratuito”. Io devo trovarlo, devo farmi trovare, crederci veramente e lasciarmi incontrare.

Dicono che ascoltare la sua Parola sia la chiave, l’inizio di un cammino verso e con il Signore. Ogni mattina si inizia la giornata con la messa. “Scherziamo?!”, mi dico il primo giorno al suono della sveglia. Eppure alla fine della messa c’è qualcosa di stranamente bello. Nonostante abbia gli occhi mezzi chiusi e non abbia ancora preso il mio primo caffè mi sento bene, serena. Che succede allora?  Che mi stanno combinando ‘sti frati? Continuo a non capire nulla di tutto questo ma voglio smettere di sopravvivere alla vita e iniziare ad essere “pellegrino”, imparando a pregare gridando e non urlando, cercando una strada per uscire dalla mia Babele e non una scusa per rimanere nella morte. Voglio dar fiducia (quella vera questa volta) alla promessa di Dio: Tu sei fatto per la pienezza. Ho capito che è Lui l’unico che può riempire il mio vuoto, l’unico che può perdonarmi tutto e amarmi sempre e lo fa partendo proprio dal mio peccato e dal mio marcio, dalla cosa che più odio di me stessa, guarendomi senza giudizio e portandomi così alla vita vera e bella.

Il mio pellegrinaggio è appena iniziato, è ancora lungo e sicuramente capiterà che sbaglierò strada ma in questi “soli” quattro giorni, anche dopo aver fatto forse la mia prima vera confessione, in cui ho dato un nome ai miei peccati e alle mie ferite, ho iniziato a credere seriamente che le mie tenebre possono essere illuminate da questo Dio. Ho iniziato a fidarmi di questo mio padre!

Ho ancora mille domande e nessuna risposta ma ho visto che è possibile per chiunque ci creda veramente. A “piccoli passi” anche io, allora, posso arrivare alla felicità.

Questi frati mi hanno imbottito la testa di mille pensieri ma mi hanno anche dato la spinta di cui avevo bisogno per iniziare il mio “qualcosa di più grande“. Quindi zaino in spalla, scarpe comode, tanta pazienza e fiducia a palate, e si cammina con il Signore verso la felicità.

Benedetta

Ecco che mentre sono a lavoro mi arriva un sms con scritto…

“Ciao Giovanni! ci scrivi la tua testimonianza sul corso Maddalena?”

Inizialmente non sapevo cosa scrivere a riguardo ma facendo memoria di quei giorni mi sono reso conto di quanto questa esperienza abbia lasciato una traccia indelebile sul mio sentiero.

Ormai è un po’ che sono in cammino con i frati e di esperienze che hanno aggiunto tasselli al mio puzzle ne ho fatte tante ma il Maddalena mi ha messo difronte alla verità di chi sono oggi, quasi come se mi avessero fatto una tac.

Maddalena una donna impossessata da 7 demoni che viene liberata, purificata e che si mette alla sequela di Gesù.

Maddalena una donna ferita, ma nel cuore un amore ardente!

Anche io quando sono arrivato ad Assisi la prima volta ero incastrato nelle mie ferite ma dopo l’abbraccio innamorato del Padre, ben deciso a riportarmi nell’amore ordinato, mettendo argini forti e saldi per contenere il torrente d’amore in piena che scorre dentro me, ho cominciato un percorso verso la libertà!

Tutto questo con non poche lacrime ma proprio queste, come per la Maddalena che piange davanti al sepolcro spalancato sono state gli occhiali per vedere nitido il volto di Gesù Cristo, il risorto.

Ed è proprio di resurrezione che si tratta, dell’amore che vince la morte!

Maddalena si sveglia presto per andare al sepolcro a profumare un corpo morto, o sarebbe meglio dire a coprire la puzza di morte.

Proprio così anche io nella mia vita per anni mi sono agitato tanto per apparire quello bravo nel compiere gesti d’amore. Mi dicevano che ero in grado di amare anche il più piccolo filo d’erba, ma poi in verità stavo solo spruzzando profumo su un modo disordinato di amare, che portava tante ferite a me e agli altri. Si mi rendeva felice, ma di una felicità incostante. Il mio cuore era una montagna russa, sali e scendi con l’adrenalina a palla ma quando sei in alto non ti godi la vista, pensi solo al momento in cui sarai sulla discesa!

Ed ecco arrivare le lacrime davanti a cose che ti spiazzano e mentre le persone intorno ti chiedono perché piangi parte sempre lo stesso discorso: Maddalena trova il sepolcro vuoto, piange, hanno portato via il suo Signore e non sa dove l’hanno posto.

Su quante cose ormai “morte” ho pianto, e quando mi chiedevano “perché piangi?” dicevo sempre che io non volevo fare del male a nessuno, desideravo solo amare tanto, amare di più, ma sempre mi trovavo ad infliggere ferite.

Ma solo quando proprio in quelle lacrime, scoprendomi cercato, chiamato per nome, mi sono voltato, cambiando direzione allo sguardo, ho cominciato a puntare gli occhi sul volto che mi diceva, “tranquillo, fidati di me, la morte è vinta, ci sono passato io per te e adesso apriti e lasciami entrare a trasformarti dall’interno così che tu possa amare, amare di più!”.

Io come Maddalena ho creduto, mi sono fidato ed ho rotto con una tristezza, ho ripuntato lo sguardo sui desideri, quelli che sognano di portarti verso una gioia piena.

Ed ora che comincio a sperimentare questo amore grande, così come la Maddalena corre dai discepoli per dire loro “Ho visto il Signore!”, anche io non riesco più a stare fermo. Mi riempe di gioia testimoniare che con Gesù Cristo, prima di ogni aspetto puramente religioso, avendo fede in lui vieni liberato e guidato verso la gioia piena.

Si posso proprio dire che il Corso Maddalena per me è stato una TAC e sai qual’è il risultato che ho scoperto? che ogni cellula del mio corpo comincia ad essere invasa da una cosa pericolosissima, l’AMORE!

Giovanni

Corso zero… Un nome una garanzia!

Parto da Roma da sola, per il mio primo corso, per seguire questi frati che non so nemmeno così bene chi siano, ma che mi hanno detto tante cose e mi sono fidata, “Proviamo!” penso. Quindi, per la prima volta nella mia vita, parto verso un’incognita. Io che organizzo tutto nei minimi particolari mi sono trovata a partire senza sapere nulla: dove dormo, con chi, come funziona, c’è un programma?… Niente… Sul treno ad ogni fermata pensavo “Ora scendo, mi invento una scusa e torno a casa mia!” Tra un’ansia e l’altra arrivo.
I primi due giorni sono stati totalmente distruttivi. Ho solo sentimenti negativi: tutto ciò che io pensavo è stato distrutto. Tutte le mie convinzioni buttate all’aria da questi tizi che, ridendo e scherzando, mi hanno veramente sconvolto. “Tutto ciò che hai fatto finora ti ha solo incatenato”. Ed è vero, mi sono costruita un castello, la mia Babele, dove è buio, e ci sono stata dentro da sempre. Mi rendo conto che sto sopravvivendo la vita, nient’altro. Sono sempre piena di risentimenti, egoista, polemica, depressa, ansiosa, narcisista, vendicativa. Sono totalmente ripiegata sul mio passato: sì il perdono, ma non troppo; mi dovete voler bene tutti, ma io non mi spreco tanto per gli altri. Non so come uscire, ma soprattutto, voglio uscire? In fin dei conti è buio e opprimente, ma è anche protettivo. Questa cosa mi rende inquieta e anche un po’ impaurita: i cambiamenti non mi piacciono tanto. Non voglio essere scontata e monotona: parrocchia-lavoro-studio. Però, da dove comincio? Sono totalmente senza parole e la sera non riesco a dormire bene. Inoltre, tutto ciò che pensavo di sapere su Dio viene sradicato totalmente e mi sento vuota senza le mie convinzioni. Non so che faccia dare a questo essere in cui dico di credere, non so più cosa è la fede, il mio catechismo crolla insieme al resto. Non riesco a dormire dall’angoscia di non avere dei punti a cui appigliarmi, e mi sento anche stupida perché pensavo di sapere “abbastanza” e in realtà non sapevo niente.
Il giorno successivo mi sconvolge ancora di più, in positivo questa volta. Mi sento confortata in tutte le mie paure (e in qualche modo incomincia a entrare un po’ di luce sui miei viaggi mentali e paranoici) da una frase di P. Francesco che ci chiede: “vi siete mai chiesti perché il centurione, che vede morire persone tutti i giorni, davanti a Gesù che muore si converte?” Non so darmi una risposta, mi è sempre sembrato un personaggio poco rilevante. “Il centurione si converte perché Gesù mentre muore intercede per chi lo sta uccidendo, perché Gesù sulla croce continua ad amare”. Parliamoci chiaro, io sono stata a contatto con le persone malate, e l’unica cosa che potrei dire con certezza è che si lamentano, giustamente, dei dolori, della fatica. Gesù messo in croce senza un motivo, morente, invece di maledirci per l’eternità, ci benedice, ripone il suo spirito nelle mani di Dio e ci AMA. È una cosa umanamente impensabile. Quante volte io ho immaginato di uccidere Dio? Tutte le volte che ero arrabbiata io lo insultavo e lo maledicevo. In quell’istante mi sono vista sotto quella croce e mentre facevo tutto questo Gesù mi amava. Amava me di un amore esclusivo, di un amore personale, e oltre ad amarmi mi perdonava per quei gesti. Mi sento tremare il cuore, mi trema davvero. Sento di essere davvero amata, forse per la prima volta nella mia vita sento il calore dell’amore vero, senza compromessi, che non vuole nulla in cambio, che mi ama e basta. La cosa che mi sconvolge di più è: quante volte ho sentito dire “Dio è amore”, “Dio è morto in croce per te”? Milioni… da genitori, sacerdoti, amici. Talmente tante volte che non mi sono mai soffermata tanto sulla cosa. Invece adesso lo provo fisicamente questo amore. Questo incontro mi ha sconvolto e non so che dire.
Al termine di questa giornata mi sento cambiata, ma anche confusa. Ho ancora un pensiero costante: come faccio a uscire da quello che mi sono costruita? Dalle mie cattive abitudini? Il centurione ha messo in discussione TUTTO per quell’AMORE tangibile. Ma io come faccio? Mi sento incapace.
L’unica cosa che riesco a pensare, per gli amanti di Harry Potter, è avere un pensatoio in cui conservare tutti i miei ricordi e rivederli con calma e capire se realmente ciò che ho visto e sentito è vero!
E qui arriva l’ultimo giorno che inizia a dare un senso a tutto questo, dopo aver scrostato tutte le mie convinzioni, dopo avermi presentato un nuovo Gesù che mi ama tanto, ho bisogno di sapere da dove iniziare.  “Piccoli passi possibili” è la risposta. La vita quotidiana è il mio inizio a questa nuova vita, con un’altra prospettiva, con un cuore diverso, su un’altra strada con altri obbiettivi e con un modo diverso di camminare. Inizio con la confessione. Anche qui ho scoperto dopo milioni di confessioni che non mi sono mai confessata davvero, o meglio, non sapendo realmente cosa stessi facendo. È il mio primissimo passo vero. Da quello si ricostruisce tutto da capo, anche se ancora devo capire bene dove mettere i piedi per camminare.

Beatrice

Ho ben chiaro di come nella mia vita ci sia un prima e un dopo: tutto, apparentemente uguale a prima, è cambiato dopo un “semplice incontro”!

Fin da piccola sono sempre stata attiva in parrocchia: messa tutte le domeniche, mille incontri di Azione Cattolica, poi educatrice e catechista. Crescendo ho iniziato anche a impegnarmi a livello diocesano entrando a far parte dell’equipe di Pastorale Giovanile e diventando operatrice di una specie di oratorio gestito dalla diocesi. Beh che dire, sicuramente tutti servizi molto positivi, che tenevano impegnato parte del mio tempo e delle mie energie. Il Signore mi era  già vicino ma ancora non lo capivo, forse perché ne avevo un’immagine distorta, c’era quasi un rapporto schiava/padrone: per essere amata da Lui dovevo darmi da fare ed impegnarmi.

Agli “impegni di Chiesa” si aggiungeva la mia grande passione per la pallavolo: allenamenti e partite mi occupavano tante ore alla settimana. Non era sbagliato, di per sé fare sport, ma io ero veramente fissata e non ero capace di dargli il giusto peso, non riuscivo a saltare nemmeno un allenamento, anche se avevo altri impegni.

E poi i miei amici: mi sentivo sempre sotto esame e alla ricerca delle loro attenzioni. Dovevo farmi vedere divertente e spensierata per potermi sentire importante per loro, sempre con la battuta pronta. Facevo di tutto per non perdermi alcun appuntamento, cena o festa per paura di sentirmi esclusa.

Basavo tutto su queste tre “ricchezze” che tenevo ben strette. Ad esse chiedevo la vita e cercavo lì la mia felicità. E naturalmente ogni successo, ogni attenzione, ogni relazione me la dovevo meritare: la gratuità non era contemplata! Bastava però che perdessi di vista anche solo una di queste ricchezze che mi sembrava di sprofondare e non trovare più il capo della matassa della mia vita. Tutto questo “fare” celava un grande vuoto che volevo colmare.

In questo susseguirsi di impegni e cose da fare si colloca un incontro, o meglio, L’INCONTRO. Mi sono sentita visitata a casa da Gesù come ha fatto con Zaccheo. Lui si è scomodato ed è venuto a cercarmi nella mia quotidianità, durante la Missione Giovani nella mia città: Senigallia.

In quei giorni era impossibile non respirare la gioia così profonda che traspariva dai frati e dalle suore, la bellezza così semplice che regnava negli appuntamenti in programma. Tutta questa luce mi incuriosiva e faceva nascere in me il desiderio forte di scoprirne la fonte, ma allo stesso tempo mi impauriva perché, senza ombra di dubbio, si trattava di qualcosa di serio, non di certo frivolo. Però, nonostante avessi il cuore troppo indurito e pigro, abituato solo a far rientrare tutto nei miei schemi mentali, mi sono buttata alla ricerca di questa sorgente di gioia.

È bastato abbassare una piccola parte delle mie resistenze, per essere travolta da un amore così forte che mi ha riempito il cuore in un attimo. Quel vuoto che da sempre cercavo di colmare con la pallavolo, gli “impegni di Chiesa” e gli amici, in un attimo era stato riempito fino all’orlo dalla bellezza di Gesù, che da sempre pensavo di servire ma che in verità non avevo mai conosciuto.

La missione era finita, ma io ero stata toccata così in profondità che mi sentivo cambiata e avevo messo in discussione tutta la mia vita e il mio impegnarmi.

Non riuscivo però a capire tutto questo AMORE GRATUITO che nasceva dalla croce di Gesù! Come potevo essere amata io, senza dover far qualcosa in cambio? Perché Gesù aveva deciso di subire il “fallimento” della morte in croce per salvare me e in cambio non pretendeva niente dalla mia vita? E poi perché amava proprio me? Non si rendeva conto di tutti i limiti che avevo?

Questi dubbi mi hanno mandato in crisi e mi hanno fatto allontanare da quella sorgente appena scoperta. Ho cercato di fuggire dandomi all’eccesso: serate su serate, ogni modo per trasgredire era lecito, pur di allontanarmi da quell’amore così assurdo che mi sembrava troppo per essere vero!

Il vuoto che da sempre cercavo di colmare con gli impegni, ed ora anche con gli eccessi, era tornato a farsi sentire più forte di prima e, senza rendermene conto, mi stava riportando di fronte a quell’amore crocifisso che mi impauriva e mi faceva fuggire.

Controvoglia e per una serie di “coincidenze”, mi sono trovata a partecipare alla Marcia Francescana: tutto volevo fare eccetto che essere lì in quei giorni. Mi sentivo fuori luogo e inadatta, eppure, proprio in quella occasione, mi sono arresa di fronte a quell’amore che mi chiamava per nome in maniera così personale, che accettava tutto di me, proprio tutto, anche quello che io per prima non riuscivo ad accogliere.

E allora ho capito quanto fosse vero ciò che Giovanni Paolo II aveva detto ai giovani:

è Gesù che cercate quando sognate la felicità; è Lui che vi aspetta quando niente vi soddisfa di quello che trovate; è Lui la bellezza che tanto vi attrae; è Lui che vi provoca con quella sete di radicalità che non vi permette di adattarvi al compromesso…”.

Ormai non volevo fare altro che rimanere nel Suo amore, affidargli la mia vita e attingere alla sorgente della gioia vera. E per poter far questo ho lasciato che il Signore tagliasse quelle parti di me che erano aride e non portavano frutto, ma soprattutto che potasse quei tralci buoni affinchè portassero più frutto.

E allora ecco che la mia vita non è apparentemente cambiata, ma in verità è estremamente diversa. Il cambiamento più grande sta nella mia relazione con Dio, che ora  non è più un padrone ma un Padre buono che mi ama di un amore immenso.

Per cui non ho smesso di giocare a pallavolo, ma riesco a dargli il giusto peso e non è più un mio idolo. Di amici ne ho molti di più e sono amicizie così belle e profonde che mi scaldano il cuore. Naturalmente è cambiato anche il mettermi a servizio della mia Chiesa diocesana: non è più un modo per sentirmi a posto con la coscienza, ma è un mettermi a servizio dell’altro per portarlo all’incontro con Dio!

Di strada ancora ne ho tanta da fare, la fatica e le difficoltà ci sono, come in ogni cammino che si rispetti, ma non posso che avere il cuore pieno di gratitudine per l’amore così bello che Dio nutre per me: Lui, quando ero ancora lontana, mi ha visto, ha avuto compassione di me, si è commosso, mi è corso incontro e abbracciandomi mi ha fatta sentire una figlia amata! E ora di certo non voglio più fuggire da un Padre così!

Marianna

 

Quando mi è stato chiesto di scrivere queste righe, il mio pensiero è corso… a Dante, che dopo aver scritto un’infinità di versi, quando si trova a dover raccontare l’incontro con Dio, si accorge che le parole non bastano per descrivere l’Amore.
«Se perfino lui, il grande, l’autore che tutto il mondo ci invidia, non trova le parole per raccontare, come potrò trovarle io?», mi chiedevo.
Un incontro avviene sempre tra due persone, mi sono detta; per raccontare il mio incontro, forse prima sarebbe il caso di dire due parole su di me.
Il mio soprannome potrebbe essere «Miss Perfezionismo»; tutto ciò che faccio, o che facevo, doveva essere perfetto: il voto agli esami? Mai meno del massimo. L’animazione in Parrocchia? Sempre super programmata e super spumeggiante. A casa? La figlia maggiore che non dava mai problemi e che si occupava del fratellino come se fosse una mammina in miniatura.
Il mondo di Miss Perfezionismo ha però incominciato a perdere qualche pezzo quando, nonostante il voto massimo di laurea e le promesse della professoressa che ha seguito la mia tesi, non sono riuscita a vincere la borsa per entrare in dottorato: l’Università, per cui tanto mi ero spesa, mi ha sbattuto la porta in faccia.
Proprio quando il Mondo chiude le porte però, spesso intervengono gli Angeli: così un Angelo, nascosto sotto le sembianze di una cara amica, mi ha caricato in macchina e mi ha portato ad Assisi, al Corso Fidanzati.
Lì, dal palco di un teatro per me fino ad allora sconosciuto, e che presto sarebbe diventato familiare, un energico fraticello dai capelli bianchi ha pronunciato di fronte a una platea di centinaia di giovani, una di quelle che io considero «le frasi della mia conversione»; no, non una bella e perfetta citazione biblica, ma… «Con tutte le tue lauree ti ci pulisci il c***, se nella vita non ti sei giocata nell’Amore». Miss Perfezionismo aveva ricevuto una bella botta, ma era dura a morire. Ho cominciato ad insegnare, ma anche in sala insegnanti e in classe le lezioni che proponevo dovevano sempre essere le migliori. Amavo i miei alunni per i risultati che ottenevano e non per ciò che erano.
Ho iniziato a frequentare i corsi, nei quali mi veniva annunciato con potenza un Amore che da me non pretendeva nulla, a cui non importava niente del mio essere brillante e intelligente; un Amore che si fa Dono per tutti, e che ti viene a cercare «nei tuoi mezzogiorni», in «ciò che ti manca», non nei quaderni di appunti perfetti.
E così è avvenuto anche per Miss Perfezionismo: quando mi sono trovata catapultata in una realtà nella quale non sapevo assolutamente dove mettere le mani, l’Amore mi ha visitata e si è fatto trovare.
Proprio nella mia vita, che era sempre scappata di fronte al dolore, alla malattia, all’ “imperfezione”, l’Amore ha preso la forma di una bambina gravemente ammalata, nata con una patologia genetica che non le consente di parlare, di camminare, di nutrirsi via bocca; si esprime con il suo sorriso meraviglioso e con i suoi occhietti vispi.
La Luce dell’Amore si è mostrata nello splendore del sorriso di I.; nella pelle morbida di I. ho toccato la tenerezza dell’Amato; gli occhi della piccola sono stati specchio nel quale si è riflesso lo Sguardo d’Amore più bello, quello di cui ci parla il Vangelo di Marco quando descrive l’incontro tra Gesù e il Giovane Ricco: «Fissatolo, lo amò»
Così, in una bimba che il mondo considera «imperfetta», il Volto dell’Amore si è mostrato a Miss Perfezionismo. Così, imparando a stare accanto a I., senza dover dimostrare niente a nessuno, l’Amore è diventato concreto ed ha iniziato a trasformarsi in gesti: nella concretezza del prendersi cura di questa «perla preziosa» sto scoprendo la bellezza dell’amore che si fa Dono. Ogni ora di sonno “persa”, ogni giorno di vacanza dal lavoro passato con lei, ogni volta che la cambio, rendo grazie al Creatore, che nella Sua genialità, ha scelto di non mostrarsi in mezzo a libri, quaderni e appunti colorati: gli sono bastate una Parola, una guida saggia, e una bambina «imperfetta» per farmi gustare un pezzo di Paradiso qui, sulla Terra; per aver acceso in me il desiderio di «spendersi in quell’Amore che rende la vita feconda»; per aver trasformato «ciò che mi era amaro nella Sua dolcezza»

Eleonora

Fratelli, buon anno! Buon principio di questo anno nuovo!

Ad Assisi in questi giorni sono passati più di milleottocento giovani. C’ero anche io e forse anche tu. Ma in realtà eravamo molti di più.

La domanda è, perché essere qui per capodanno? Mi è capitato ovviamente che miei amici mi chiedessero dove andavo a per il passaggio dell’anno… alla risposta “Quest’anno sarò ad Assisi” mi chiedevano “Ad Assisi? E cosa fate? Cenone, festa…”

Sì, anche tutto questo. Però in tempi e forse modi un po’ diversi: quasi sempre gli eventi a cui sono stato, o che ho organizzato, erano strutturati con una cena lunga fino a mezzanotte, momento in cui c’era un countdown corale, dopo il quale scattava il brindisi, per accogliere l’anno che iniziava con auguri e felicitazioni, con abbracci e con i cin-­‐cin di bicchieri pieni di spumante… poi solitamente dopo gli auguri iniziava la grande serata, in cui ci si divertiva tutti assieme. Per quello che è la mia esperienza, si usciva fuori, si continuava a fare tanti altri cin-­‐ cin, o si andava a ballare o far festa.

Così solitamente si riempivano le prime luci del nuovo anno. Però, anno dopo anno e capodanno dopo capodanno, sentivo che la serata diventava sempre un po’ più pesante da organizzarsi da decidere cosa fare…finché alla classica domanda ‘cosa fai a capodanno?’ rispondevo ‘Non lo so. Ma chissene frega, tanto è una serata come tutte le altre!’

 Be’ oggi ti dico: No. Non è una serata come tutte le altre. Ha qualcosa di particolare, qualcosa che la rende esclusiva.

Io ho sempre pensato che per essere speciale una serata debba avere qualcosa di straordinario… debba fare rumore, essere rombante avere qualcosa da poter raccontare iniziando con frasi del tipo ‘Vecchio mio, non hai capito che serata è stata ieri!….”

Però dopo un po’ la sensazione era sempre più quella di stare a raccontarmela… di dover dimostrare a qualcuno che avevo passato una bella serata o un bel capodanno. Ma era vero? No. E allora? E allora chissene frega! tanto è una serata come tutte le altre! un po’, insomma, come la volpe con l’uva, nella favola di Esopo.

Il capodanno è invece un momento un po’ speciale e la sua particolarità è un’attribuzione di significato. Cosa vuol dire? Vuol dire che il capodanno è SI, oggettivamente, una serata come tutte le altre ma NO, personalmente non lo è! per Te, per Me, per ciascuno, non lo è.

C’è un capodanno, e c’è il tuo capodanno, che è quello che festeggi dentro di te, da solo, nell’intimo del tuo essere; quello che mi fa dire: ‘Buon principio Luca, ed eccoci qua di nuovo.’ Le ricorrenze. Il capodanno è un po’ come il tuo compleanno. Solo che non è solo tuo, è di tutti! Ognuno sa che anno compirà in questo 2016 … 25 anni, 27, 30 anni 35…. Ognuno ha i suoi, ma si è insieme a celebrare questa entrata, ognuno nella sua particolarità. Nel suo anno.

Ti confesso che spesso questo secondo tipo di capodanno, di cui parlavo prima, lo sentivo appena; forse era a questo che serviva il rombare e il rumore della serata di capodanno. A soffocare questo augurio velato e appena percepibile… questo augurio intimo che faceva un po’ paura. Il fatto è che comunque questo augurio, terribilmente velato, si faceva sentire in ogni caso! Magari non durante la serata, quella era Mia! E io non permettevo a nessun augurio velato di impadronirsi della Mia serata. Però poi solitamente il giorno dopo, quando mi svegliavo, tardi, tutto rintronato (per non dire rincoglionito) e magari ancora un po’ traballante, le mie difese erano abbassate e quella voce mi diceva ‘Buon principio Luca, ed eccoci qua di nuovo.’ E be’ per lo meno io a quella voce inconsciamente spesso rispondevo: ‘Buon principio un c***! Speriamo solo che non sia un anno come questo che è passato!’

…e cominci così il tuo anno…

Perché ti dico queste cose? Perché io in queste due serate di capodanno ad Assisi (questa e quella dell’anno scorso) ho riscoperto una cosa importante di questa festa, importanza che mi avevano fatto dimenticare…. importanza che era diluita e annegata nel mare dei festeggiamenti fini a sé stessi, delle ricorrenze che arrivano e ci colgono impreparati…

È stato un passaggio dal mero festeggiare la fine dell’anno sperando che i giorni del nuovo anno siano un po’ migliori, al celebrare l’inizio di un anno nuovo ringraziando per quello che di bello c’è stato in quello appena trascorso.

E in tutto questo c’entra Dio, perché è solo guardando a un Padre comune che puoi veramente augurarti e augurare che sia un anno bello e importante, a persone che riconosci essere tuoi fratelli. A persone che percorreranno insieme a te, che tu lo voglia o no, questo tratto di strada, che è questo anno.

Ecco perché il capodanno ad Assisi: c’è la cena, c’è un festeggiare, c’è un ballare ci sono i cin-­‐ cin, c’è uno stare insieme… ma tutto fa da cornice alla celebrazione nell’Eucarestia dell’inizio di una tappa di cammino lunga un anno, e comune a tutti. A TUTTI. A chi camminerà con noi, a chi s’incontrerà, a chi ci perdonerà, a chi ci lascerà e sarà con noi in altro modo, a chi ci indicherà una direzione… Gioia Dolore Entusiasmo Inquietudini Serenità Perdono…ci saranno anche loro a camminare con noi!

Ma quella voce che ti visita e ti sussurra ‘Buon anno! Eccoci qua di nuovo!’ nel tuo intimo, non soffocarla… tanto prima o dopo torna fuori! Non fare finta di niente e ascolta cosa fa risuonare, perché quella è la strada!

Be’ ecco. Questo è stato il mio capodanno quest’anno. Un Capodanno che apre a un anno Al Settimo Cielo. Questo era il titolo e l’augurio di Assisi per quest’anno.

Vorrei quindi salutarti ricordando queste parole: pensa a un momento in cui ti è sembrato di toccare il cielo con un dito… Ecco. Il sogno di Dio è di non farti solo toccare il Cielo con un dito, perché sarebbe riduttivo, e poi finisce! Il suo desiderio è di farti abitare in questa Dimensione! Io questo voglio, questo desidero per quest’anno! E lo voglio anche per Te! Abitare lì, abitare il Settimo Cielo, abitare il Cuore di Dio! E l’unica porta attraverso cui arrivare al cuore di Dio, lo ricordava nostro fratello Pietro nell’omelia, è fissare lo sguardo sull’amore materno e dolcissimo di Maria, che custodisce il Cuore di Dio, che è suo Figlio, che è il Gesù, il Dio che Salva, L’Emmanuele, il Dio con noi!

E allora buon anno sorella mia, buon anno fratello mio! Nel nome dell’Amore che vince e ogni morte, perché già morto e tornato a vivere una volta e per sempre, un buon anno nello Spirito Santo, che mai abbandona chi lo chiede!

Shalom

Luca

Raccontare di me oggi è rendermi conto della trasformazione naturale che c’è stata innanzitutto nella relazione con Dio ed in tutte le mie relazioni; è vedermi diventare finalmente un donatore di amore e non più uno che lo ruba dove gli capita.

A 14 anni ero un ragazzo tranquillo anche, forse, un po’ tonto. Ero tutto casa e chiesa, già animatore in parrocchia senza sapere bene chi fosse Dio per me. Già rubacchiavo l’amore ma non me ne rendevo conto e lo facevo perché in famiglia qualcosa era mancato sopratutto il rapporto con mio padre: uomo dai mille vizi e incapace (non per colpa sua) di amare veramente qualcuno.

Questo accade fin da quando sei piccolo e ti lascia ferite di cui crescendo non ti accorgi, e lasci andare.

Arrivano i 16 anni e con questi il lento declino. Mio padre si ammala, ha un’emorragia cerebrale (finirà su di una sedia a rotelle) ed io e mia sorella rimaniamo a casa da soli, imparando a fare le cose da grandi quando nessuno dei due lo era. Ed è qui che mi rendo conto di una cosa: io, in fondo, non avevo fatto nulla per meritarmi tutto quello che era successo: né di avere un padre così, né tutta quella sofferenza.

E allora mi chiedo in continuazione perché: “perché a me? Cosa ti ho fatto di male? Ed ora come si aggiustano le cose?”. Queste domande erano dirette a Dio. Mi sono arrabbiato con lui e ho deciso che quelle domande non le avrei più ascoltate.

Comincia così la mia doppia vita: catechista il pomeriggio, perché ti da quella dose di accettazione che in fondo desideri e di cui hai bisogno, fattone la sera.

Comincia il tram tram delle canne e dello spaccio. É un attimo: da una si passa a due, poi a tre e alla fine arrivi a 19 anni intorno ad una quindicina di canne al giorno. Ovviamente la rabbia non diminuisce, così decido di porre un freno anche con la chiesa: Dio me l’aveva fatta troppo grossa, oramai ero “grande” avevo un papà (rabbioso) sulla sedia a rotelle in casa. Mia madre e mia sorella decidono di scappare perché vivere con lui era diventato impossibile ed io resto lì, a fare cosa?

Un sera decido di smettere di fumare, al tempo la chiamai tachicardia, ora direi una bella “manona” di Dio sulla mia testa. Nessuna ripercussione, nessun tentennamento. Le persone che mi conoscono ridono quando gli dico di aver smesso (oh ridono di gusto eh!!). Le domande che fino al giorno prima avevo sotterrato tornano a galla e oramai sono gigantesche. Tutte rispondo ad un bel buco nero che chiamo “perché nessuno mi ama?”.

Questo era quello che ero. Poi è avvenuta la lenta ri-conversione, un po’ come Maria Maddalena al sepolcro che si volta indietro e finalmente riconosce Gesù: un giorno un’amica mi porta, con una scusa, in chiesa e mi fa conoscere un sacerdote e lui di punto in bianco mi offre di vederci per un caffè. Accetto il caffè convinto che mi avrebbe fatto un’omelia gigantesca e invece si dimostra solamente accogliente, mi lascia parlare di tutto e alla fine parlo anche di Dio che scopro di avere abbandonato solo io. Lui era lì ed io lo riconosco di nuovo e parlo di Lui come non ho mai fatto.

Li ricomincia il rapporto con Dio fatto di preghiera, messe (anche in mezzo alla settimana), parlare con Dio a tu per tu in quella cappellina che diventa quasi casa tua.

Lentamente mi riapproprio di me stesso, di ciò che sono e Dio mi dimostra il suo amore infinito nonostante io continui a rubare l’amore in tutte le cose che faccio, dal servizio alla relazione con la mia ragazza, fino all 2 Agosto di quest’anno. In Porziuncola porto la mia sofferenza in un pianto liberatorio lungo dieci anni di lacrime sotterrate. Mi tocca il Suo amore, il Suo abbraccio paterno, quello che avevo sempre desiderato da mio padre. Lui da padre me lo regala. Dico tra me e me: vedi a lasciar spazio a Lui che cose che fa?!

Avevo scoperto la Provvidenza per me, e ora la volevo concretizzare in casa, con mio padre. Oramai lo avevo già perdonato perché, in fondo, mi aveva donato la cosa più importante: la vita, che avevo scoperto essere bellissima.

Ma forse Lui non aveva perdonato me. Un giorno lo ritrovo lì in casa, in un lago di sangue per via della dialisi e dal momento in cui inizio a prendermi cura di lui ci ritroviamo ancorati ad un amore nuovo, ad un modo di guardarci nuovo che non è il nostro ma Grazia vera di Dio. Oggi facciamo cose da padre a figlio mai fatte in vita nostra, non volano più insulti dentro casa ed io ho scoperto l’amore e come si dona in maniera gratuita, spezzandosi per qualcun altro, proprio come se fossimo eucarestia.

Ho scoperto che Dio non dà una vita diversa ma fa diversa la vita, ti dona quel famoso cuore di carne di cui parla il profeta Ezechiele, quel cuore che dice: “la vita è bella”, centrati in Dio è meravigliosa! Per quante cose brutte possano succederci c’è un amore più grande per te, gratuito, che se gli lasci spazio fa veramente Miracoli.

Emanuele