L’urgenza di vivere la promessa…
Non era la prima volta che frequentavo un Corso ad Assisi: nel 2019 infatti avevo partecipato alla Marcia Francescana e avrei voluto partecipare quell’ anno al Corso Zero, ma imprevisti personali e Covid si sono combinati e quindi col passare del tempo ho lasciato un po’ perdere. Non so bene come esprimere il mondo interiore che vivevo nei giorni (e in generale nel periodo) prima della partenza: per usare un immagine, direi che dentro di me c’era un cuore freddo che non batteva da un po’, era tutto un po’ tiepido e insipido. Avevo bisogno di una svolta, di ascoltare una parola nuova; quindi, memore della precedente esperienza, sapevo che ad Assisi avrei potuto trovare quello che cercavo, che lí in qualche modo ci sarebbe stata una sorgente d’acqua da cui bere. Dunque sono partito parecchio fiducioso.
Inizialmente peró, nonostante percepissi chiaramente questa mia sete, ho mantenuto le difese belle alte: ho conosciuto i ragazzi che partecipavano a questa esperienza con me, ho ascoltato le prime catechesi, concentrandomi per prendere buoni appunti, ma lasciandomi solo sfiorare da ció che veniva detto. Cioé, tutto molto interessante (lo dico col cuore, perché le catechesi davvero meritano), ma a me sembrava in un certo senso di sapere già tutto e di aver imparato già come vivere certi contesti, perché sono nato e cresciuto in una famiglia cattolica, ho frequentato gruppi parrocchiali, frequento ambienti di chiesa da una vita ecc… ero cosí preparato che non vivevo un bel niente di quello che si diceva (in realtá non solo in quei giorni, ma anche in generale nella quotidianità) e ogni cosa, persona, parola era a distanza di sicurezza da me, perchè mi toccasse, ma non troppo!
Abbastanza inaspettatamente, la mattina del sabato, nella tappa di Gerusalemme (nel corso si vive il pellegrinaggio in sei città, ma questo te lo lascio spiegare meglio dai frati, quando spero vorrai vivere la gioia di questo corso), ho incrociato lo sguardo di Padre che mi ha rivelato oltre la sua presenza, anche il luogo dove mi ero nascosto e incatenato; ho abbassato la cinta muraria con cui mi ero protetto fino a quel momento e mi sono finalmente dato la possibilità di essere incasinato, di ammettere di aver completamente sbagliato obiettivi ed oltrettutto di aver anche in parte fallito quei pochi che mi ero prefissato; in questo arrendermi, in questo essere senza difese, ho potuto dire, come il ladrone affianco a Gesú “Ti prego ricordati di me, perché sto facendo del casino e da solo non ne esco” (è un esperienza tutt’altro che mistica t’assicuro). Dal sabato mattina sono partito finalmente con la testa e il cuore e quello sguardo e quelle parole che non lasciavano spazio ad interpretazioni sulla mia situazione e sulle mie ferite, dava anche con forza il coraggio e la via della ricostruzione. Ringrazio sinceramente per le persone che ho incontrato, perché sono passi che non sono sicuro sarei riuscito a fare da solo.
Tornando a casa queste consapevolezze ovviamente sono tutte da vivere; questo un po’ mi spaventa perché il rischio che rimanga solo una bella esperienza come tante é alto. Ma c ‘é anche questa possibilità: di incontrare davvero nella mia vita, nella mia realtà, la presenza vera di un Dio che non si è rifiutato camminare come me nel modo degli uomini e mi ama di un amore particolare e unico perchè sono suo figlio. Quello che veramente mi porto più dentro di questo Corso Zero è l’urgenza di vivere in prima persona questa promessa, questo amore sempre.
Davide