Non solo Business: a Londra si parla di Dio

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«Pace e bene!»: frate Francesco Piloni ci accoglie con il consueto saluto francescano. Quarantacinquenne dalla voce giovanile e coinvolgente, da 13 anni è il responsabile della pastorale giovanile dei Frati minori dell’Umbria. P. Francesco partirà per Londra, con altri due frati e due suore – tutti impegnati nel Servizio Orientamento Giovani – per proporre ai giovani inglesi ilCorso Zero, uno dei corsi organizzati dalla fraternità di Assisi.

Sono stati i Frati minori londinesi a chiamare i confratelli italiani: l’esigenza è il primo annuncio,per ragazzi e ragazze dai 17 ai 33 anni. Ad Assisi ogni volta Corso Zero conta circa 200 partecipanti: i giovani arrivano perché hanno trovato l’invito via internet o, per lo più, per passaparola. «Noi poi, come Servizio Orientamento Giovani, siamo “Chiesa in uscita”», racconta frate Francesco, «andiamo nei pub, nelle discoteche, nelle palestre, nelle scuole. Dove si trovano i giovani. Ci chiedono: “Perché sei qui?” e la nostra risposta li disarma: “Per incontrare te. Per farti domande importanti. Per esempio: sei felice?». 

Ma facciamo un passo indietro. Il Servizio Orientamento Giovani è nato 36 anni fa. Un’esperienza significativa ed esportabile «perché l’annuncio del Vangelo è molto semplice e funziona ovunque», precisa frate Francesco. Il Corso Zero è nato invece una ventina di anni fa. «Nei due corsi fondamentali, quello vocazionale alla vita e di vocazione all’amore (il corso fidanzati), molti arrivavano senza le categorie per ascoltare una catechesi già sostanziosa, perché era venuta meno una prima evangelizzazione. Ci sono molti “comportamenti religiosi” ma è assente la dimensione personale e intima con Dio, la dimensione della spiritualità. Il Corso Zeroparte dai concetti fondamentali della fede. Si va alle radici del significato delle parole, quelle che ascoltiamo nelle Scritture. Diciamo da subito ai ragazzi che una fede matura è quella che cerca le ragioni del proprio credere. Questo lo comprendono, perché fede e ragione non sono in opposizione, come ci ha insegnato anche papa Wojtyla in Fides et ratio. Un’altra finalità è riuscire a scostarli dal pericolo di cercare continuamente risposte. Noi non diamo risposte, ma creiamo le domande giuste. Quando scoprono che c’è un Dio che li ama per come sono e non li giudica, allora è liberante».

Il Corso Zero è già stato proposto fuori Italia: «Siamo stati a Madrid due volte. Due anni fa in Germania. È stato frate Danny di Londra, responsabile della pastorale giovanile, che già ci conosceva, a chiamarci. I nostri frati là non hanno libertà di movimento e annuncio, si occupano delle parrocchie. Fra Danny e frate Ginepro sono venuti ad Assisi e hanno vissuto il Corso Zero. Ci avevano chiesto di poter replicare a Londra questa esperienza. Stanno vivendo una grossa crisi al nord, manca il contatto con i giovani. I Francescani inglesi hanno poca esperienza nella dimensione di primo annuncio, manca una pastorale giovanile di strada».

«Nel Corso Zero diciamo: “Ricordatevi che i primi passi della fede si fanno al buio. Non pensate di iniziare a camminare quando avrete già tutto chiaro, perché non partirete mai. Ci sono i fratelli e c’è la Chiesa che ti prende per mano”. Dio ha portato fuori Abramo e gli ha detto di contare le stelle, se era giorno non le avrebbe neppure viste. Il buio, talora, è funzionale».

Il Corso Zero, residenziale, dura tre giorni e mezzo: un viaggio che si dispiega idealmente su sei città, con un itinerario di catechesi. Dove sei (da che punto parti), dove vai (la meta) e per quali strade passi. «La catechesi propone sette modi di stare nella vita che ti fanno urlare, come nel quadro di Munch,L’urlo. Modi inconcludenti, che povero ti trovano e povero ti lasciano, urlante. Fino ad arrivare all’ottavo modo di stare nella vita: quello del pellegrino». I giovani, nei giorni successivi, saranno pellegrini in sei città, che rappresentano sei passaggi: da Babele, simbolo di ogni confusione, a Ur dei Caldei, la città di Abramo (differenza tra religione e fede). Poi Gerusalemme, in cui viene annunciato il kèrygma; Roma, con una catechesi sulla Chiesa, madre e maestra, e poi Assisi, la città dell’uomo che si conosce come figlio di Dio. Fino all’ultima città… quella in cui vive ciascun giovane, per continuare a essere pellegrino li».

P. Francesco, prima di prendere i voti, era fidanzato e laureato in Psicologia clinica a Padova: «Poi ho incontrato il Signore e ho mollato tutto. Mi sono occupato di pastorale familiare. L’attenzione all’umano c’è sempre stata. Volevo essere missionario, andare in Africa e in Brasile, dov’ero già stato: desideravo spendermi in una Chiesa povera».

Al congresso capitolare, in cui si decidono le obbedienze, viene creata una fraternità che si occupa a tempo pieno dell’accoglienza, della catechesi e dell’accompagnamento dei giovani. «Mi hanno chiesto di guidarla. Sono saltate le mie missioni all’estero», prosegue il religioso. «Quando le cose stupiscono io però ci vedo l’intervento di Dio. Un giorno, in preghiera, sento un pensiero lucido che mi sembrava non venisse dalla mia testa ma dal Signore: “Vedi, se tu andavi eri uno: sono già almeno nove i frati e le suore che hai accompagnato e che ora sono in missione’: Ho capito che la vita, quando la perdi, la trovi. Per me essere missionario oggi significa accompagnare i giovani a riscoprire la bellezza del Vangelo e delle loro vocazioni. È la mia paternità: da giovane resistevo al Signore perché volevo dei figli. Eccoli i miei figli».

Quando gli chiediamo cosa si aspetta dal Corso Zero a Londra, risponde: «Ci aspettiamo il massimo, il meglio, tutto il possibile. La cosa più triste è chi si accontenta».

Intervista a p. Francesco Piloni OFM
di Donatella Ferrario
per il periodico San Paolo CREDERE n. 44 del 2/11/2014